mercoledì 21 settembre 2022

NFT E DIRITTO D’AUTORE

 

NFT E DIRITTO D’AUTORE

L’acronimo NTF rappresenta l’ultima novità nel mondo della tecnologia ed è applicabile in moltissimi ambiti. Il suo significato è Non-Fungible Token.

Un NFT è composto da un codice di informazioni registrato nella blockchain. Si tratta quindi di beni non fungibili - pezzi unici - che non possono essere sostituiti.  Manca ancora una vera e propria regolamentazione in termini giuridici per tale fenomeno. Per questo possono sorgere diverse problematiche soprattutto nell’ambito del diritto d’autore.

Una delle questioni riguarda, infatti, i diritti che gli acquirenti acquistano quando comprano un NFT.  

Interessante è poi come NFT potrebbe rappresentare una forma di registrazione, un record immutabile di rivendicazioni di proprietà, agendo come uno strumento utile al fine di verificare o determinare l’autenticità di un opera ai sensi dell’art. 64 del Codice dei beni culturali. I token, una volta registrati sono immutabili.

Gli NFT garantiscono una affidabilità ben superiore a quella di autentiche cartacee. Essi, inoltre, hanno la possibilità di registrare tutte le transazioni effettuate sin dalla loro creazione, eliminando la necessità di dover procedere a successive ricerche sulle provenienze dello stesso, caratteristica quest’ultima che risulterebbe utile non solo per la tutela del diritto d’autore ma anche per la tutela dei diritti reali. Alla pari dell’autentica, anche il token è una attestazione che accompagna un bene, sia esso digitale o fisico.  Senza un Certificato di Autenticità, un’opera d’arte concettuale non è altro che la sua rappresentazione materiale. Ciò che in concreto viene messo in vendita, pertanto, per alcuni tipi di opera è proprio l’autentica, così come avviene anche con gli NFT.

Le insidie nel mondo degli NFT possono essere varie sia per gli artisti che per i collezionisti ed vale la pena approfondire questo nuovo mondo rivoluzionario che incuriosisce tutti.

Lo studio legale Consani sta studiando e approfondendo il fenomeno ed è a disposizione per una consulenza sia per gli artisti che per i collezionisti, al fine di valutare i diritti in gioco ed approfondire i vari aspetti legali in ordine alla creazione, alla vendita ed all’acquisto di un NFT oltre ad approfondire i termini contrattuali dei vari portali NFT che hanno la gestione dei dati ed i relativi marketplace.

venerdì 29 luglio 2022

AGEVOLAZIONI “PRIMA CASA UNDER 36”

 

AGEVOLAZIONI “PRIMA CASA UNDER 36”

Per favorire l’autonomia abitativa dei giovani di età inferiore a 36 anni, il decreto legge n. 73/2021 (noto come decreto “Sostegni bis”) ha introdotto nuove agevolazioni fiscali in materia di imposte indirette per l’acquisto della “prima casa”.

Tali agevolazioni si applicano agli atti stipulati nel periodo compreso tra il 26 maggio 2021 e il 31 dicembre 2022.

La norma prevede i seguenti benefici:

per le compravendite non soggette a Iva, esenzione dal pagamento dell’imposta di registro, ipotecaria e catastale

per gli acquisti soggetti a Iva, oltre all’esenzione dalle imposte di registro, ipotecaria e catastale, riconoscimento di un credito d’imposta di ammontare pari all’Iva corrisposta al venditore.

Il credito d’imposta può essere portato in diminuzione dalle imposte di registro, ipotecaria, catastale, sulle successioni e donazioni dovute sugli atti e denunce presentati dopo la data di acquisizione del credito utilizzato in diminuzione delle imposte sui redditi delle persone fisiche dovute in base alla dichiarazione da presentare dopo la data dell’acquisto agevolato utilizzato in compensazione tramite modello F24, nel quale va indicato il codice tributo “6928” (istituito con la risoluzione n. 62/2021) esenzione dall’imposta sostitutiva per i finanziamenti erogati per l’acquisto, la costruzione e la ristrutturazione di immobili a uso abitativo.

Come per gli altri atti di acquisto assoggettati all’imposta di registro proporzionale, anche quello di acquisto prima casa “under 36” è esente, inoltre, dall’imposta di bollo.

A chi spettano

Possono beneficiare delle agevolazioni i giovani che:

-          non hanno ancora compiuto i 36 anni di età nell’anno in cui l’atto è stipulato

-          hanno un indicatore ISEE (Indicatore della Situazione Economica Equivalente) non superiore a 40.000 euro annui.

L’ISEE viene calcolato sui redditi percepiti e il patrimonio posseduto nel secondo anno precedente la presentazione all’Inps della Dichiarazione Sostitutiva Unica (DSU): un documento che contiene i dati anagrafici, reddituali e patrimoniali necessari a descrivere la situazione economica del nucleo familiare.

E’ necessario che l’acquirente:

abbia o stabilisca la propria residenza, entro 18 mesi dall’acquisto, nel Comune in cui si trova l’immobile

dichiari, nell’atto di acquisto, di non essere titolare, nemmeno in comunione con il coniuge, dei diritti di proprietà, usufrutto, uso e abitazione di altra casa di abitazione nel territorio del Comune in cui è situato l’immobile da acquistare

dichiari, nell’atto di acquisto, di non essere titolare, neppure per quote o in regime di comunione legale, su tutto il territorio nazionale, dei diritti di proprietà, usufrutto, uso, abitazione e nuda proprietà su altro immobile acquistato, anche dal coniuge, usufruendo delle stesse agevolazioni “prima casa”. In caso contrario, è necessario vendere l’immobile posseduto entro un anno dalla data del nuovo acquisto.

I requisiti oggettivi

Con riferimento agli immobili e alle tipologie di atti agevolabili occorre fare riferimento sempre alle disposizioni che disciplinano le agevolazioni “prima casa”.

Tra gli immobili ammessi al beneficio rientrano quelli classificati o classificabili nelle seguenti categorie catastali:

A/2 (abitazioni di tipo civile) A/3 (abitazioni di tipo economico) A/4 (abitazioni di tipo popolare) A/5 (abitazione di tipo ultra popolare) A/6 (abitazione di tipo rurale) A/7 (abitazioni in villini) A/11 (abitazioni e alloggi tipici dei luoghi).

I benefici si estendono anche per l’acquisto delle pertinenze dell'immobile principale, classificate o classificabili nelle categorie catastali C/2 (magazzini e locali di deposito), C/6 (per esempio, rimesse e autorimesse) e C/7 (tettoie chiuse o aperte), limitatamente a una pertinenza per ciascuna categoria e destinate a servizio della casa di abitazione oggetto dell'acquisto agevolato.

L'acquisto della pertinenza può avvenire contestualmente a quello dell’abitazione principale, o anche con atto separato, purché stipulato entro il termine di validità temporale dell’agevolazione e nel rispetto dei requisiti soggettivi previsti.

Le agevolazioni non sono ammesse, invece, per l’acquisto di un’abitazione appartenente alle categorie catastali A/1 (abitazioni di tipo signorile), A/8 (abitazioni in ville) e A/9 (castelli e palazzi di eminente pregio storico e artistico).

Per quanto riguarda gli atti agevolabili, i benefici fiscali si applicano a tutti gli atti comportanti il trasferimento a titolo oneroso della proprietà (o quota di comproprietà), il trasferimento o la costituzione di diritti reali di godimento (nuda proprietà, usufrutto, uso, abitazione) delle case di abitazione sopra indicate.

Le agevolazioni non si applicano ai contratti preliminari di compravendita (alla stipula del contratto definitivo di compravendita oggetto di agevolazione, è possibile però presentare istanza di rimborso per il recupero dell’imposta proporzionale versata per acconti e caparra). Ne beneficiano, invece, gli immobili acquistati all’asta.

 

giovedì 17 marzo 2022

DISACCORDO TRA I GENITORI SUL VACCINO ANTICOVID AL FIGLIO MINORE: DECIDE IL TRIBUNALE

 

DISACCORDO TRA I GENITORI SUL VACCINO ANTICOVID AL FIGLIO MINORE: DECIDE IL TRIBUNALE

In caso di dissenso tra i genitori esercenti la responsabilità genitoriale sul figlio minore in ordine alla somministrazione a quest’ultimo del vaccino anti-Covid, può essere interpellato il Tribunale territorialmente competente, che deciderà in merito.

L’art. 3 l. n. 219/2017 prevede che: «il consenso informato al trattamento sanitario del minore è espresso o rifiutato dagli esercenti la responsabilità genitoriale tenendo conto della volontà della persona minore, in relazione alla sua età e al suo grado di maturità, e avendo come scopo la tutela della salute psicofisica e della vita del minore nel pieno rispetto della sua dignità».

Con il ricorso ex art. 709-ter c.p.c. si possono quindi superare i contrasti nell'esercizio della responsabilità genitoriale anche in ambito sanitario.

In particolare, i Tribunali Italiani chiamati a decidere su questa questione hanno autorizzato la vaccinazione, ritenuta corrispondente agli interessi del minore valutato il concreto pericolo per la salute del minore, il diffondersi della malattia sul territorio nazionale, la circostanza che i trattamenti vaccinali sono considerati dalla comunità scientifica efficaci, con l’effetto che con dette pronunce viene sospeso momentaneamente la responsabilità del genitore contrario al vaccino.

Per ogni chiarimento non esitare a contattarmi via una e-mail: avv.chiaraconsani@gmail.com

giovedì 3 febbraio 2022


IL DIRITTO DI SEGUITO

Il “diritto di seguito” è il diritto dell’autore a percepire una percentuale sul prezzo di vendita degli originali delle proprie opere in occasione delle vendite successive alla prima.

Sono soggette al diritto di seguito le vendite che hanno per oggetto gli originali delle opere delle arti figurative come i quadri, i “collages”, i dipinti, i disegni, le incisioni, le stampe, le litografie, le sculture, gli arazzi, le ceramiche, le opere in vetro, le fotografie e gli originali dei manoscritti, purché si tratti di creazioni eseguite dall’autore stesso o di esemplari considerati opere d’arte e originali. Le copie delle opere delle arti figurative, prodotte in numero limitato dall’autore stesso o sotto la sua autorità, sono considerate come originali purché numerate, firmate o altrimenti debitamente autorizzate dall’autore. Sono soggette al diritto di seguito anche le vendite che hanno per oggetto opere anonime e pseudonime.

Il diritto di seguito sussiste quando si avverano tutte e tre le seguenti condizioni:

• vendita successiva alla prima vendita effettuata direttamente dall’autore;

• Intervento di un professionista del mercato dell’arte (galleria, case d’asta o commerciante d’arte) in qualità di venditore, acquirente o intermediario;

• il prezzo di vendita sia pari o superiore a € 3.000.

La legge assegna a SIAE il compito di incassare il diritto di seguito nei territori che gestisce, per conto di tutti i cittadini italiani ed europei, membri e non membri SIAE, e per tutti i cittadini extra UE che risiedono abitualmente in Italia. SIAE inoltre è autorizzata ad incassare il diritto di seguito per conto dei cittadini di Paesi extra-UE, laddove le leggi nazionali garantiscano lo stesso diritto ai cittadini italiani (in virtù di accordi di reciproca rappresentanza)

I beneficiari del diritto di seguito sono:

• autori di opere d’arte o manoscritti e loro aventi causa che siano cittadini dell’Unione europea;

• autori e loro aventi causa non facenti parte dell’Unione europea solo laddove la legislazione di questi Paesi preveda lo stesso diritto a favore degli autori che siano cittadini italiani e dei loro aventi causa; autori di Paesi non facenti parte dell’Unione europea, non in possesso della cittadinanza italiana ma abitualmente residenti in Italia;

• dopo la morte dell’autore il diritto spetta agli eredi, secondo le norme del codice civile e, in difetto di successioni entro il sesto grado, è devoluto all’Ente Nazionale di Previdenza e Assistenza per i pittori, musicisti, scrittori ed autori drammatici (ENAP) per i propri fini istituzionali.

Il diritto di seguito non può formare oggetto di alienazione o di rinuncia, nemmeno preventivamente.

Il compenso è a carico del venditore inteso come “professionista del mercato dell’arte” che è tenuto ad effettuare materialmente il pagamento. Costui, infatti, ha l’obbligo di prelevare e di trattenere dal prezzo di vendita il compenso dovuto a titolo di depositario nonché l’obbligo di versare il relativo importo a SIAE entro il termine di novanta giorni dall’effettuazione della vendita.

Sono quindi soggette ad esso le transazioni di gallerie, case d’asta o mercanti d’arte, mentre ne sono escluse le vendite dirette tra privati. L’importo del compenso è in percentuale, individuato per scaglioni, su quanto ottenuto per ogni vendita.

Il diritto di seguito non è dovuto:

-          sulla prima cessione dell’opera effettuata direttamente dall’autore;

-          sulle vendite successive alla prima cessione senza la partecipazione di un professionista del mercato dell’arte;

-          sulle vendite successive alla prima cessione pur con la partecipazione di un professionista, quando il prezzo di vendita (al netto dell’IVA) è inferiore a € 3.000 oppure se il prezzo di vendita (al netto dell’IVA) è compreso tra € 3.000 e € 10.000 e l’opera era stata acquistata direttamente dall’autore da parte del professionista nei tre anni precedenti.

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martedì 1 febbraio 2022

IL PATROCINIO A SPESE DELLO STATO NELLA MEDIAZIONE OBBLIGATORIA

 

Con sentenza del 20 gennaio 2022, n. 10, la Corte Costituzionale ha stabilito che il gratuito patrocinio a spese dello Stato deve necessariamente essere garantito ai non abbienti anche nel procedimento di mediazione obbligatoria.

La Corte Costituzionale ha quindi dichiarato l'illegittimità costituzionale degli artt. 74, comma 2, e 75, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, recante «Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia. (Testo A)», nella parte in cui non prevedono che il patrocinio a spese dello Stato sia applicabile anche all'attività difensiva svolta nell'ambito dei procedimenti di mediazione di cui all'art. 5, comma 1-bis, del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28 (Attuazione dell'articolo 60 della legge 18 giugno 2009, n. 69, in materia di mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali), quando nel corso degli stessi è stato raggiunto un accordo, nonché dell'art. 83, comma 2, del medesimo d.P.R. n. 115 del 2002, nella parte in cui non prevede che, in tali fattispecie, alla liquidazione in favore del difensore provveda l'autorità giudiziaria che sarebbe stata competente a decidere la controversia.

Questo è quanto ha deciso la Corte Costituzionale con sentenza n. 10/2022, dichiarando irragionevole e lesiva del diritto di difesa la vigente disciplina del patrocinio a spese dello Stato.

La Consulta ha definito questa liberalità come «spesa costituzionalmente necessaria», in quanto nel caso di mancanza di questa possibilità per una condizione di non abbienza, verrebbe oltraggiato l'inviolabile diritto di difesa, sancito dall' art. 24 della Costituzione italiana.

La sentenza sottolinea come sia irragionevole imporre un procedimento, per finalità deflattive e poi non garantire una giusta difesa a spese dello Stato, proprio quando effettivamente quelle finalità sono state conseguite.

martedì 19 ottobre 2021

SFRATTI SOSPESI E RIMBORSO IMU 2021

 

SFRATTI SOSPESI E RIMBORSO IMU 2021

L’articolo 4-ter, comma 1, del decreto-legge 25 maggio 2021, n. 73, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 luglio 2021, n. 106, prevede l’esenzione dal versamento dell’imposta municipale propria (IMU) per l’anno 2021 relativa all’immobile posseduto dalle persone fisiche che lo hanno concesso in locazione a uso abitativo e che abbiano ottenuto in proprio favore l’emissione di una convalida di sfratto per morosità la cui esecuzione è stata sospesa.

Destinatarie del beneficio sono le persone fisiche, proprietarie di un’abitazione, concessa in locazione a uso abitativo, che hanno ottenuto, a proprio favore, l’emissione di una convalida di sfratto per morosità entro il 28 febbraio 2020, la cui esecuzione è stata sospesa fino al 30 giugno 2021. L’agevolazione spetta anche in caso di riconoscimento dello sfratto per morosità dopo il 28 febbraio 2020, con esecuzione rinviata fino al 30 settembre 2021 o fino al 31 dicembre 2021.

Per chi ha già pagato entro il 16 giugno la prima o unica rata dell’Imu, c’è la possibilità di chiedere il rimborso di quanto indebitamente versato presentando istanza al Comune.

L’istanza di rimborso deve essere presentata al Comune competente indicando:

- i dati identificativi del contribuente e dell’immobile;

- il possesso dell’immobile;

- il contratto di locazione a uso abitativo;

- gli estremi del provvedimento con cui è stata ottenuta una convalida di sfratto per morosità entro il 28 febbraio 2020, la cui esecuzione è stata sospesa sino al 30 giugno 2021 oppure una convalida di sfratto per morosità successiva al 28 febbraio 2020, la cui esecuzione è sospesa fino al 30 settembre 2021 o fino al 31 dicembre 2021;

- gli estremi del versamento della prima rata o dell’unica rata dell’Imu relativa al 2021;

- l’importo di cui si chiede il rimborso;

- le coordinate bancarie su cui si richiede l’accredito del rimborso.

Oltre alla domanda da presentare al Comune il proprietario dovrà attestare il possesso dei requisiti che danno diritto all’esenzione dall’Imu 2021 ed al rimborso dell’importo versato, nello spazio dedicato alle annotazioni del modello di dichiarazione Imu che deve esser presentata entro il 30 giugno 2022.


lunedì 24 maggio 2021

Le Società Benefit - la finalità del beneficio comune

 

Le Società Benefit sono una nuova forma giuridica di impresa, introdotta in Italia con la legge 28 dicembre 2015, n. 208 (commi 376-383 e allegati 4 – 5) ed entrata in vigore dal primo Gennaio 2016.

Si tratta di una nuova forma giuridica d’impresa for profit che aggiunge nel proprio oggetto sociale, alla finalità di profitto, la formale finalità di distribuzione di valore condiviso, che viene configurato come un obbligo di natura statutaria.

“376. Le disposizioni previste dai commi dal presente al comma 382 hanno lo scopo di promuovere la costituzione e favorire la diffusione di società, di seguito denominate «società benefit», che nell'esercizio di una attività economica, oltre allo scopo di dividerne gli utili, perseguono una o più finalità di beneficio comune e operano in modo responsabile, sostenibile e trasparente nei confronti di  persone, comunità, territori e ambiente, beni ed attività culturali e sociali, enti e associazioni ed altri portatori di interesse.

377. Le finalità di cui al comma 376 sono indicate specificatamente nell'oggetto sociale della società benefit e sono perseguite mediante una gestione volta al bilanciamento con l'interesse dei soci e con l'interesse di coloro sui quali l’attività sociale possa avere un impatto. Le finalità possono essere perseguite da ciascuna delle società di cui al libro V, titoli V e VI, del codice civile, nel rispetto della relativa disciplina.

378. Ai fini di cui ai commi da 376 a 382, si intende per:

a) «beneficio comune»: il perseguimento, nell'esercizio dell’attività economica delle società benefit, di uno o più effetti positivi, o la riduzione degli effetti negativi, su una o più categorie di cui al comma 376;

b) «altri portatori di interesse»: il soggetto o i gruppi di soggetti coinvolti, direttamente o indirettamente, dall’attività delle società di cui al comma 376, quali lavoratori, clienti, fornitori, finanziatori, creditori, pubblica amministrazione e società civile;

c) «standard di valutazione esterno»: modalità e criteri di cui all'allegato 4 annesso alla presente legge, che devono essere necessariamente utilizzati per la valutazione dell'impatto generato dalla società benefit in termini di beneficio comune;

d) «aree di valutazione»: ambiti settoriali, identificati nell'allegato 5 annesso alla presente legge, che devono essere necessariamente inclusi nella valutazione dell’attività di beneficio comune.  

379. La società benefit, fermo restando quanto previsto nel codice civile, deve indicare, nell'ambito del proprio oggetto sociale, le finalità specifiche di beneficio comune che intende perseguire. Le società diverse dalle società benefit, qualora intendano perseguire anche finalità di beneficio comune, sono tenute a modificare l'atto costitutivo o lo statuto, nel rispetto delle disposizioni che regolano le modificazioni del contratto sociale o dello statuto, proprie di ciascun tipo di società; le suddette modifiche sono depositate, iscritte e pubblicate nel rispetto di quanto previsto per ciascun tipo di società dagli articoli 2252, 2300 e 2436 del codice civile. La società benefit può introdurre, accanto alla denominazione sociale, le parole: «Società benefit» o l'abbreviazione: «SB» e utilizzare tale denominazione nei titoli emessi, nella documentazione e nelle comunicazioni verso terzi.

380. La società benefit è amministrata in modo da bilanciare l'interesse dei soci, il perseguimento delle finalità di beneficio comune e gli interessi delle categorie indicate nel comma 376, conformemente a quanto previsto dallo statuto. La società benefit, fermo quanto disposto dalla disciplina di ciascun tipo di società prevista dal codice civile, individua il soggetto o i soggetti responsabili a cui affidare funzioni e compiti volti al perseguimento delle suddette finalità.

381. L'inosservanza degli obblighi di cui al comma 380 può costituire inadempimento dei doveri imposti agli amministratori dalla legge e dallo statuto. In caso di inadempimento degli obblighi di cui al comma 380, si applica quanto disposto dal codice civile in relazione a ciascun tipo di società in tema di responsabilità degli amministratori.

382. Ai fini di cui ai commi da 376 a 384, la società benefit redige annualmente una relazione concernente il perseguimento del beneficio comune, da allegare al bilancio societario e che include:

a) la descrizione degli obiettivi specifici, delle modalità e delle azioni attuati dagli amministratori per il perseguimento delle finalità di beneficio comune e delle eventuali circostanze che lo hanno impedito o rallentato;

b) la valutazione dell'impatto generato utilizzando lo standard di valutazione esterno con caratteristiche descritte nell'allegato 4 annesso alla presente legge e che comprende le aree di valutazione identificate nell'allegato 5 annesso alla presente legge;

c) una sezione dedicata alla descrizione dei nuovi obiettivi che la società intende perseguire nell'esercizio successivo.

E richiesto dalla legge che tutte le società benefit nominino un “responsabile dell’impatto” che è responsabile, assieme al management, di assicurare che la società persegua il proprio scopo dichiarato di Beneficio Comune.

Le Società Benefit devono presentare una relazione di Impatto per valutare le performance della società per quanto riguarda i suoi impatti e il Beneficio Comune prodotto. La relazione deve presentare i contenuti indicati nella legge, deve essere completata annualmente e resa disponibile al pubblico.

Con la relazione d’impatto (da allegare al bilancio e pubblicare sul sito aziendale) la Società misura annualmente il proprio impatto sociale, ambientale, per poi certificarlo e mostrarlo a consumatori e investitori. È un documento necessario per soddisfare il requisito imprescindibile di trasparenza, deve essere stilato da un ente esterno e deve contenere:

  • descrizione degli obiettivi, delle modalità e delle azioni messe in atto per perseguire le dichiarate finalità di beneficio comune;
  •  valutazione dell’impatto generato, utilizzando lo standard di valutazione esterno, come descritto nell’allegato 4 della legge 28 dicembre 2015, e le aree di valutazione identificate nell’allegato 5 della stessa.
  •  descrizione dei nuovi obiettivi che la Società Benefit intende perseguire nel corso dell’esercizio successivo.

Sono gli azionisti a determinare se  la società abbia raggiunto un impatto significativo positivo. Questa prerogativa discende dal fatto che agli azionisti è riconosciuto un diritto privato di azione, detto benefit enforcement, che si può esercitare per far rispettare la mission aziendale, qualora l’azienda non sia riuscita a perseguire gli obiettivi prefissati. In caso di controversia spetterà poi al Tribunale determinare se sia stato effettivamente ottenuto l’impatto positivo, o meno.

Inoltre, se la società non fornisce adeguata trasparenza o se emergono irregolarità nei modelli di misurazione, scatta un regime sanzionatorio che è quello in materia di pubblicità ingannevole e del Codice del consumo, il quale si aggiunge alla, forse ancora più temuta, perdita di reputazione e di fiducia da parte del mercato.

La relazione costituisce allegato del bilancio e, in quanto tale, si reputa necessario il deposito presso il Registro Imprese (CCIAA) competente al pari degli altri allegati del bilancio. La prassi, sul territorio nazionale, non è uniforme, tuttavia questo adempimento consente di soddisfare il requisito della trasparenza previsto dalla normativa istitutiva delle Società Benefit.

Al Collegio Sindacale è affidato il dovere di vigilare “sull’osservanza della legge e dello statuto”; oltre che sul “rispetto dei principi di corretta amministrazione”; e questo comporta indubbiamente il dovere, per quest’organo, di verificare anche gli assetti organizzativi dell’impresa esprimendosi in merito alla loro adeguatezza relativamente all’idoneità di raggiungere le finalità sociali.

Per sostenere il rafforzamento, nell’intero territorio nazionale, del sistema delle società benefit di cui all’art. 1, commi 376 e seguenti, Legge n. 208/2015 (che si caratterizzano, nell’esercizio di un’attività economica, anche per il perseguimento di una o più finalità di beneficio comune operando in modo responsabile, sostenibile e trasparente), l’art. 38-ter, DL n. 34/2020, c.d. “Decreto Rilancio” ha previsto il riconoscimento di un contributo sotto forma di credito d’imposta nella misura del 50% dei costi di costituzione / trasformazione in società benefit, sostenuti nel periodo 19.7 - 31.12.2020. In sede di conversione del Decreto in esame, il termine finale per il sostenimento delle spese è prorogato al 30.6.2021.

Ulteriore intervento a favore delle Società Benefit è quello previsto nel Decreto Legge fiscale (emendamento all’art. 49 del DDL 2220 “Disposizioni urgenti in materia fiscale e per esigenze indifferibili”), il quale prevede che le Società Benefit (e in generale tutte le imprese che opereranno in modo trasparente e responsabile, anche senza la qualifica giuridica di Società Benefit) potranno vedersi riconosciuta una primalità nei bandi pubblici.

L’acquisizione della qualifica di Società Benefit comporta la modifica della denominazione sociale, bisognerà indicare gli autoveicoli e gli immobili intestati alla società, per consentire di effettuare le formalità relative al cambio del nome della società presso il catasto ed i Registri Immobiliari per gli immobili e presso il P.R.A. per le autovetture o veicoli iscritti;

Se la società è titolare di brevetti e/o dovrà comunicare le modifiche da apportare, al fine di aggiornare i documenti ufficiali di dominio pubblico con tutte le informazioni in maniera corretta;

In generale dovrà essere predisposta idonea informazione a tutti i fornitori al fine di rendere nota la variazione di denominazione sociale.

Infine si dovrà aver cura di valutare se la società è oggetto di autorizzazioni particolari che comportino la notifica della variazione ad autorità e/o enti competenti.

Se hai bisogno di una consulenza non esitare a contattarmi avv.chiaraconsani@gmail.com 

lunedì 1 marzo 2021

La deducibilità dal reddito ai fini IRPEF dei canoni concessori ex art. 10 comma I lettera a Dpr n. 917/86

La Sentenza n. 203/2021 della Commissione tributaria regionale Toscana di Firenze ha statuito la deducibilità dal reddito ai fini IRPEF, dei canoni concessori ex art. 10 comma I lettera a Dpr n. 917/86 La sentenza in commento rappresenta una pietra miliare sul contenzioso avente ad oggetto la deducibilità dei canoni di concessione Comunale che ormai va avanti da anni tra i contribuenti e l’Agenzia delle Entrate di Viareggio. La vexata quaestio si basa su due assunti diametralmente opposti: - il contribuente ritiene deducibili dal reddito i canoni corrisposti al Comune, che rappresentano il corrispettivo annuale per mantenere in essere il diritto reale di superficie che consente di fare (o mantenere) una costruzione al di sopra del suolo di proprietà Comunale ex art. 952 c.c.; - l’Agenzia delle Entrate, invece, ritiene che il diritto del contribuente non sia un diritto reale, sebbene obbligatorio, non consentendo la deducibilità del canone ex art. 10 dpr. perché rientrante nella fattispecie di cui all’art. 70 dello stesso Dpr.917/86. Con la sentenza in parola la Commissione regionale fiorentina traccia un indirizzo molto netto sulla vicenda: -da una parte statuisce, senza mezzi termini, la realità dei diritti del concessionario tenuto conto della facoltà attribuita al concessionario di costruire opere nella zona assentita in concessione e di costituire su di esse ipoteca, principi già declinati dalla Suprema Corte di Cassazione ed anche dal TAR; -dall’altra, ha statuito, sempre in linea con la giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione, che il canone di concessione non costituisce il valore della costruzione, e cioè un entrata a titolo di capitale, bensì la facoltà di mantenere l’opera senza che essa acceda al suolo demaniale stabilendo che i canoni concessori, a prescindere dalla loro realità, abbiano natura di corrispettivo per la concessione del bene, sia quando dalla concessione derivino diritti assimilabili alla locazione, oppure diritti reali limitati quale il diritto di superficie. Ne consegue, in ogni caso, la detraibilità dei canoni ex art. 10 comma 1 lettera a) Dpr n. 917/86, in quanto i canoni costituiscono il presupposto logico giuridico ed economico del reddito derivante dal fabbricato, tenuto conto che la proprietà del fabbricato è condizionata all’esistenza del diritto di superficie che si perpetua mediante il pagamento del canone, quale condizione dell’esistenza stessa del reddito (gravante sul reddito degli immobili), reddito che fra l’altro deriva da contratto di locazione e non corrisponde alla rendita catastale. Per chiarimenti o pareri non esitare a contattarci avv.chiaraconsani@gmail.com Segui la pagina Studio Legale Consani e metti mi piace sarai aggiornato con novità giurisprudenziali e normative.

venerdì 19 febbraio 2021

DIVIETO DI LICENZIAMENTO FINO AL 31 MARZO 2021

La legge di Bilancio 2021 proroga fino al 31 marzo 2021 il divieto di licenziamento in scadenza il 31 gennaio 2021 previsto dall’articolo 12, commi 9 e 10 del decreto-legge n. 137/2020, cd. decreto Ristori, convertito, con modificazioni, dalla legge di conversione 18 dicembre 2020, n. 176. Attualmente lo stop ai licenziamenti è esteso a tutte le ipotesi di recesso giustificate da motivi estranei alla persona del lavoratore o a sue condotte extra-lavorative (tali sono i licenziamenti per giustificato motivo soggettivo o giusta causa). Il divieto riguarda tutti i datori di lavoro a prescindere dal requisito dimensionale e non è più dipendente dalla fruizione integrale degli ammortizzatori COVID-19. La violazione di tale divieto comporta la nullità del licenziamento e la reintegra del lavoratore. Senza attendere la fine del blocco, le aziende possono ricorrere a licenziamenti per giustificato motivo oggettivo nelle seguenti ipotesi: - dipendenti interessati dal recesso impiegati in un appalto e successivamente passati al nuovo appaltatore in forza di una norma di legge, contratto collettivo nazionale di lavoro ovvero clausola prevista all’interno del contratto di appalto, in virtù della quale si è obbligati a riassumere il personale in forza al momento del subentro; - fallimento, nel caso in cui non sia previsto l’esercizio provvisorio dell’attività di impresa ovvero ne venga decretata la cessazione; - cessazione definitiva dell’attività di impresa; - messa in liquidazione della società senza continuazione dell’attività (qualora non si possa configurare un trasferimento d’azienda o di un ramo della stessa); - accordo collettivo aziendale di incentivo alla risoluzione del rapporto di lavoro, concluso dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale. In questo caso i lavoratori che aderiscono all’accordo possono accedere all’indennità di disoccupazione NASPI, in presenza degli altri requisiti. Il divieto di licenziamento non interessa le ipotesi di licenziamento giustificate da motivi estranei all’attività produttiva ovvero all’organizzazione del lavoro. L’azienda potrà sempre risolve il contratto per ragioni attinenti le caratteristiche o la condotta del lavoratore interessato: Licenziamenti per giusta causa; Licenziamenti per giustificato motivo soggettivo; Licenziamenti per superamento del periodo di comporto; Licenziamenti intimati in periodo di prova o al termine dello stesso; Licenziamento riguardante il lavoratore domestico o il dirigente; Cessazione dell’apprendistato al termine del periodo formativo; Licenziamento per raggiunti limiti di età per la fruizione della pensione di vecchiaia; Licenziamento che interessa il socio di una cooperativa di produzione e lavoro, laddove preceduto dalla risoluzione dal rapporto associativo. Per una consulenza non esitare a contattarmi: avv.chiaraconsani@gmail.com

giovedì 18 febbraio 2021

ACQUISTARE UNA CASA ALL’ASTA

L’acquisto di un immobile all’asta può risultare conveniente ma può nascondere inconvenienti e sorprese che in concreto riducono l’appetibilità dell’investimento. Per questo è sempre meglio rivolgersi ad esperti per procedere all’acquisto tramite asta. Innanzi tutto bisogna visionare nella cancelleria del tribunale o presso il professionista incaricato i relativi documenti: l'avviso di vendita, che contiene le condizioni e i termini della vendita, una breve descrizione dell'immobile ed il prezzo base; la perizia di stima, redatta da un tecnico nominato dal giudice, che contiene una dettagliata descrizione dell'immobile: i dati catastali, la planimetria, lo stato di fatto, le eventuali irregolarità e la loro sanabilità, i vincoli, le servitù, i debiti e se l'immobile è libero od occupato. Un altro aspetto importante da considerare qualora si scelga di comprare casa all’asta, è quello legato alle modalità e tempistiche di pagamento. Per quel che riguarda l’accensione di un mutuo, sarà necessario organizzarsi per tempo, scegliendo un istituto di credito che preveda questo genere di erogazioni. Ad ogni modo, tuttavia, le tempistiche partono naturalmente dal momento in cui ci si aggiudica l’asta, dunque vengono calcolati dai 60 ai 90 giorni successivi per saldare il debito. Da un punto di vista di tassazione fiscale, invece, non ci sono particolari cambiamenti rispetto alle tassazioni standard di acquisto e si dovrà calcolare l’imposta di registro secondo le aliquote prima o seconda casa, a seconda se chi compra abbia o meno i requisiti. La base di calcolo è rappresentata dal valore catastale (in caso risulti più basso rispetto al prezzo di aggiudicazione) se si tratta di abitazione e se l’aggiudicatario è una persona fisica. Le cosiddette aste telematiche o miste ormai in tempi di Covid sono entrate a far parte a tutti gli effetti della consuetudine. Le offerte dovranno essere inviate in maniera telematica al portale unico del Ministero. L’asta sarà poi gestita da software creati da soggetti abilitati dal Ministero stesso. Per consulenze o chiarimenti scrivere al seguente indirizzo mail avv.chiaraconsani@gmail.com

POLIZZE VITA – DESIGNAZIONE - SUCCESSIONE IURE PROPRIO

Le polizze assicurative sulla vita si prestano ad essere utilizzate sia per la protezione del patrimonio (con un’importante funzione previdenziale), sia nell’ambito della pianificazione del passaggio generazionale e della successione in genere. In virtù della loro funzione previdenziale, le polizze sulla vita sono caratterizzate da impignorabilità e insequestrabilità. La legge dispone che le somme dovute dall’assicuratore al contraente o al beneficiario non possono essere sottoposte ad azione esecutiva o cautelare, dunque sono impignorabili ed insequestrabili. Sono però fatte salve, rispetto ai premi pagati, le disposizioni relative alla revocazione degli atti compiuti in pregiudizio dei creditori (azione revocatoria) e quelle relative alla collazione, all'imputazione e alla riduzione delle donazioni. (art. 1923 c.c.). I creditori del contraente possono, dunque, far valere i propri diritti (esercitando l’azione revocatoria, se ne ricorrono i presupposti) sulla somma dovuta dalla compagina assicuratrice soltanto fino all’importo dei premi pagati dal contraente, e non sull’intera somma liquidata. Anche ai fini di determinare l’eventuale lesione dei diritti di legittima, si deve tenere conto soltanto della somma dei premi pagati dal contraente, e non della somma che viene liquidata al beneficiario dalla compagnia assicuratrice. La giurisprudenza ha precisato che l’impignorabilità e insequestrabilità riguarda soltanto la disciplina civile e non la responsabilità penale, in presenza della quale è possibile il sequestro preventivo (si veda, per esempio, Cass. 6 maggio 2014, n. 18736, relativa a un ipotesi di evasione fiscale, e Cass. 2 maggio 2007, n. 16658). La Corte di Cassazione ritiene inoltre che l’impignorabilità ed insequestrabilità della polizza sulla vita si applichi anche in caso di fallimento (Cass. 31 marzo 2008, n. 8271). Un aspetto importante alle polizze vita ed alla designazione del beneficiario attiene all'interpretazione della clausola con cui il contraente di un'assicurazione sulla vita designa quali beneficiari i propri eredi legittimi. Non è chiaro, infatti, se il riferimento alle regole sulla devoluzione ereditaria assuma rilevanza solo ai fini dell'individuazione dei soggetti o anche ai fini della ripartizione tra loro della somma assicurata. Nelle polizze vita esistono fondamentalmente quattro parti: il contraente, l’assicurato (che spesso coincidono), il beneficiario e l’assicuratore. Com’è noto, poi, la polizza vita ha la natura di un contratto a favore di un terzo, ossia di un contratto nel quale il beneficiario ottiene per diritto proprio inter vivos l’indennità, sebbene la liquidazione avvenga solo successivamente alla morte dell’assicurato. È infine, pacifico che i beneficiari possano sempre essere modificati, salvo che il beneficio sia stato accettato e perciò sia irrevocabile Il contratto di assicurazione difetta di quell'elemento essenziale dei negozi a causa di morte che consiste nell'attribuzione di un quod superest appartenente al patrimonio del de cuius al quale, invece, restano estranee le somme assicurate, a prescindere dalla forma della designazione. Anche in caso di designazione testamentaria, infatti, a dispetto di quanto affermato dalla tesi più tradizionale, l'acquisto deve intendersi pur sempre come acquisto tra vivi, limitandosi in tal caso il testamento a veicolare una manifestazione di volontà priva di carattere attributivo Molto spesso i beneficiari vengono individuati con designazioni che richiamano categorie generiche, o per relazione, quali “eredi legittimi”. Da questa generica designazione potrebbe nascere dei problemi. 1 – Se dopo la stipula dell’assicurazione e la designazione generica in favore degli eredi legittimi procedo alla stipula di un testamento il beneficiario della polizza cambia? Il potere di revoca della designazione fatta nel contratto di assicurazione si può realizzare attraverso la specifica individuazione di un nuovo soggetto beneficiario compiuta con il contratto o con il testamento, ma in quest’ultimo caso dovrà contenere un esplicito riferimento alla modifica dei beneficiari della polizza stessa, altrimenti vale la prima generica individuazione fatta nei confronti degli eredi legittimi. In pratica il testamento successivo alla stipula della polizza non revoca automaticamente la designazione dei beneficiari nella polizza sostituendo gli eredi testamentari a quelli legittimi, ma occorre un espresso riferimento alla loro revoca, quali beneficiari della polizza, in quanto il diritto si è acquisito al momento della designazione, anche se la liquidazione avviene in momento successivo, ossia al momento della morte dell’assicurato. Per evitare rischi è opportuno, non solo revocare espressamente nel testamento la designazione fatta in polizza, ma indicare nominativamente i beneficiari, nonché i vari sostituti, in una sorta di rappresentazione volontaria e non legale (art.1412, 2 comma c.c.). 2 – Se indico genericamente quali beneficiari gli eredi legittimi come avviene la liquidazione della polizza? La generica designazione degli eredi legittimi senza l’esatta identificazione delle quote da liquidare a ciascun beneficiario, in quanto è discusso se la suddivisione debba avvenire in parti uguali, oppure secondo il criterio proporzionale indicato dalla legge per le quote attribuite al singolo erede. Ebbene la Corte di Cassazione precisa che “quando in un contratto di assicurazione sulla vita sia stato previsto per il caso di morte dello stipulante che l’indennizzo debba corrispondersi agli eredi tanto con formula generica, quanto e, a maggior ragione, con formulazione evocativa degli eredi testamentari o in mancanza degli eredi legittimi, tale clausola, sul piano della corretta applicazione delle norme di esegesi del contratto e, quindi, conforme a detta disposizione, dev’essere intesa sia nel senso che le parti abbiano voluto tramite dette espressioni individuare per relationem con riferimento al modo della successione effettivamente verificatosi negli eredi chi acquista i diritti nascenti dal contratto stipulato a loro favore (art. 1920, comma secondo e terzo, cod. civ.), sia nel senso di correlare l’attribuzione dell’indennizzo ai più soggetti così individuati come eredi in misura proporzionale alla quota in cui ciascuno è succeduto secondo la modalità di successione effettivamente verificatasi, dovendosi invece escludere che, per la mancata precisazione nella clausola contrattuale di uno specifico criterio di ripartizione che a quelle modalità di individuazione delle quote faccia riferimento, che le quote debbano essere dall’assicuratore liquidate in misura eguale”. In questo contesto, per evitare questi rischi o equivoci potrebbe essere opportuno indicare anche la misura della quota, precisando anche l’accrescimento qualora qualcuno non possa o non voglia profittarne. PER CHIARIMENTI E CONSULENZE SCRIVERE ALLA SEGUENTE MAIL: avv.chiaraconsani@gmail.com

venerdì 12 febbraio 2021

EREDITÀ DIGITALE APPLE I-CLOUD PRIVACY E TUTELA POST-MORTEM

Il Tribunale di Milano con una ordinanza emessa il 10 febbraio 2021 all’interno di un procedimento cautelare promosso ai sensi degli artt. 669 bis e 700 c.p.c. ha condannato la Apple Italia S.r.l. a fornire assistenza a due genitori per il recupero dei dati personali dagli account del figlio scomparso improvvisamente. I ricorrenti, eredi del figlio deceduto, avevano intenzione di recuperare i dati contenuti nel I-cloud ed ivi archiviati, consistenti in video, fotografie allo scopo di realizzare un progetto dedicato alla sua memoria. I genitori sono stati costretti a ricorrere al Tribunale perché la società Apple rifiutava loro tale accesso e comunicava che dopo un determinato periodo di inattività dell’account iCloud, la medesima proceda normalmente alla distruzione dei dati contenuti. PROFILI NORMATIVI: L’art 27 del Reg. 2016/679 c.d. “GDPR”, precisa che il regolamento non si applica ai dati personali delle persone decedute, lasciando tuttavia agli Stati Membri dell’Unione la possibilità di prevedere delle norme interne riguardanti il trattamento dei dati personali delle stesse. Sul punto, il decreto legislativo 10 agosto 2018, n. 101 ha introdotto una specifica disposizione nel Codice in materia di protezione dei dati, ossia l’art. 2-terdecies, la quale è dedicata al tema della tutela post-mortem e dell’accesso ai dati personali del defunto: “I diritti di cui agli articoli da 15 a 22 del Regolamento riferiti ai dati personali concernenti persone decedute possono essere esercitati da chi ha un interesse proprio, o agisce a tutela dell'interessato, in qualità di suo mandatario, o per ragioni familiari meritevoli di protezione (…) L'esercizio dei diritti di cui al comma 1 non è ammesso nei casi previsti dalla legge o quando, limitatamente all'offerta diretta di servizi della società dell'informazione, l'interessato lo ha espressamente vietato con dichiarazione scritta presentata al titolare del trattamento o a quest'ultimo comunicata”. Non risulta tuttavia chiarito dal legislatore se l’acquisto dei diritti dell’interessato deceduto sia un acquisto mortis causa oppure rappresenti una legittimazione iure proprio, limitandosi a prevedere quello che la più attenta dottrina ha qualificato in termini di “persistenza” dei diritti oltre la cessazione della vita della persona fisica interessata. Tale persistenza assume un rilievo preminente a livello dei rimedi giudizialmente esperibili. CONSIDERAZIONI: Sarà sempre più importante valutare il destino dei nostri dati anche tramite un testamento, in quanto, sui dati del defunto potrebbero sorgere criticità non solo di legittimazione all’esercizio dei diritti (si pensi che tali diritti siano in capo a più coeredi anche in contrapposizione tra di loro) ma anche in termini di definizione della normativa applicabile. Per una consulenza non esitare a contattarmi via mail avv.chiaraconsani@gmail.com

venerdì 31 luglio 2020

I FIGLI DELLE COPPIE DELLO STESSO SESSO

Mai più di oggi è evidente l’esigenza giuridica di garantire ai figli delle coppie dello stesso sesso la stabilità del rapporto con coloro che di fatto esercitano una funzione genitoriale nei loro confronti. In questi casi non si tratta di trovare un genitore per un bambino abbandonato ma di tutelare e coprire giuridicamente situazioni in cui un bambino ha già chi si occupa di lui, dove vi è già un “genitore di fatto” che è tuttavia privo di riconoscimento legale formale (sul “valore” dei legami genitoriali di fatto, cfr. legge 173 del 2015 e Corte Cost. n. 225 del 2016). Nel nostro ordinamento l'adozione ordinaria da parte di coppie formate da persone dello stesso sesso  non è espressamente prevista. Il procedimento adottivo è riservato ai coniugi e non si estende alle parti dell'unione civile e neppure ai conviventi di fatto eterosessuali o omosessuali. Secondo l'interpretazione dominante in Giurisprudenza, ciascun partner dell'unione civile potrà esclusivamente adottare il figlio biologico dell'altro. In questi termini si è pronunciato da ultimo il Tribunale per i Minorenni di Bologna il 25 giugno 2020 sulla scorta del Tribunale per i Minorenni di Roma che con la sentenza 30 luglio 2014 (est. Cavallo) ha inaugurato una presa di posizione ermeneutica confermata (Trib. Minorenni Roma, 22 ottobre 2015, est. Cavallo; Trib. Minorenni Roma, 23 dicembre 2015, est. Cavallo), anche nel secondo grado. In particolare, secondo il giudice d’appello romano, «nell’ipotesi di minore concepito e cresciuto nell’ambito di una coppia dello stesso sesso, sussiste il diritto ad essere adottato dalla madre non biologica, secondo le disposizioni sulla adozione in casi particolari ex art. 44 lett. D della Legge 4 maggio 1983, n. 184, sussistendo, in ragione del rapporto genitoriale di fatto instauratosi fra il genitore sociale ed il minore, l’interesse concreto del minore al suo riconoscimento; la sussistenza di tale rapporto genitoriale di fatto e del conseguente superiore interesse al riconoscimento della bigenitorialità devono essere operate in concreto sulla base delle risultanze delle indagini psico-sociali» (Corte App. Roma, 23 dicembre 2015, Pres. Montaldi, est. Pagliari). La Corte di Cassazione con la Sentenza 26 maggio 2016 n. 12962, ai fini ermeneutici ritiene che anche le coppie dello stesso sesso possano procedere all’adozione dei rispettivi figli ai sensi dell'art. 44, comma 1°, lett. d, che tramite il rinvio alla impossibilità di procedere all'affidamento preadottivo, consente l'adozione anche qualora il minore non si trovi in stato di abbandono, in quanto vi sia almeno uno dei genitori che adempia ai doveri ed eserciti i diritti che connotano la responsabilità genitoriale ai sensi dell'art. 315-bis c.c. La scelta di privilegiare l'adozione a favore dei partners delle unioni civili nei confronti del figlio biologico dell'altra parte tramite l'art. 44, comma 1°, lett. d, qualora si sia realizzato tra l'aspirante adottante e l'adottando uno stabile rapporto corrispondente all'esercizio della responsabilità genitoriale, trova giustificazione nella tutela dell'interesse del minore espressamente previsto dall'art. 57, n. 2, l. n. 184 del 1983 . In sostanza quest'ultimo giustifica il compimento dell'adozione che risulta in concreto rivolto ad offrire la copertura giuridica ad una situazione di fatto in essere da anni. Si tratta quindi di garantire al minore la c.d. continuità affettiva, che costituisce una esigenza primaria avvertita dal legislatore anche nel corso degli ultimi interventi che hanno interessato il diritto di famiglia. Inoltre, l'adozione da parte di partners di unioni civili secondo le modalità delineate dall'art. 44, comma 1°, lett. d, l. n. 184 del 1983 consente di evitare qualsiasi discriminazione tra coppie conviventi eterosessuali e omosessuali . Tant'è che il disconoscimento per le seconde del diritto ad adottare sarebbe da ritenere contrario alla ratio legis, al dato costituzionale ed ai princìpi della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. Da ultimo la legge Cirinnà n. 76 del 2016 ha eletto le coppie formate da persone dello stesso sesso al rango di “famiglia” così offrendo all’adozione in casi particolari, un substrato relazionale solido, sicuro, giuridicamente tutelato. La legge ha confermato poi l’orientamento della Cassazione inserendo la c.d. «clausola di salvaguardia nell’articolo 1 comma 20: “al solo fine di assicurare l’effettività della tutela dei diritti e il pieno adempimento degli obblighi derivanti dall’unione civile tra persone dello stesso sesso, le disposizioni che si riferiscono al matrimonio e le disposizioni contenenti le parole « coniuge », « coniugi » o termini equivalenti, ovunque ricorrono nelle leggi, negli atti aventi forza di legge, nei regolamenti nonché negli atti amministrativi e nei contratti collettivi, si applicano anche ad ognuna delle parti dell’unione civile tra persone dello stesso sesso. La disposizione di cui al periodo precedente non si applica alle norme del codice civile non richiamate espressamente nella presente legge, nonché alle disposizioni di cui alla legge 4 maggio 1983, n. 184. Resta fermo quanto previsto e consentito in materia di adozione dalle norme vigenti”. In questo modo, tale disposizione apre alla possibilità di un’applicazione alle unioni civili delle disposizioni in materia di adozioni, ma solo, per l’appunto, nei limiti del diritto vigente. Per una consulenza o parere non esitare a contattarmi avv.chiaraconsani@gmail.com

lunedì 13 luglio 2020

LA RESPONSABILITÀ PER DANNI DA FAUNA SELVATICA

Cassazione civile sez. III - 06/07/2020, n. 13848 Le questioni attengono alla titolarità, sul piano passivo del lato risarcitorio, delle conseguenze dei danni cagionati dalla fauna selvatica ed all’inquadramento della natura di detta responsabilità. Nella giurisprudenza della Corte di Cassazione sussistono orientamenti non sempre univoci. È stata oggetto di diverse pronunce la valutazione su un piano generale, se la responsabilità debba individuarsi ai sensi dell’art 2043 o sulla base dellla presunzione di colpa dell’art 2052 c.c. e se sia da ascrivere alle singole Regioni, ovvero alle loro Provincie o in altri enti che risultino, in concreto, coinvolti in ciascuna vicenda (ovvero quelli - e ciò, soprattutto, in relazione a danni verificatisi in occasione di incidenti stradali - proprietari della strada "teatro" del sinistro). Tale incertezza rende, pertanto, necessario un ripensamento dell'intera tematica, anche al fine di assicurare l'esatta osservanza e l'uniforme interpretazione della legge, e con esse l'unità del diritto oggettivo nazionale (come il R.D. 30 gennaio 1942, n. 12, art. 65, ovvero la legge sull'ordinamento giudiziario, richiede a questa Corte). La giurisprudenza della Corte di Cassazione ha ritenuto necessario un ripensamento del criterio di imputazione della responsabilità per i danni da fauna selvatici. A tal fine ha ricondotto detta responsabilità al regime previsto dall'art. 2052 c.c.. Infatti, l'art. 2052 c.c., non reca alcuna espressa menzione che limiti la sua applicazione ai soli animali domestici, ma fa riferimento, esclusivamente, a quelli suscettibili di "proprietà" o di "utilizzazione" da parte dell'uomo. La norma, inoltre, prescinde dalla sussistenza di una situazione di effettiva custodia dell'animale, come si desume, nuovamente, dal suo stesso tenore letterale, là dove prevede, espressamente, che la responsabilità del proprietario o dell'utilizzatore sussista sia che "l'animale fosse sotto la sua custodia, sia che fosse smarrito o fuggito". Il riferimento, dunque, alla proprietà e all'utilizzazione (quale relazione, come detto, dalla quale si trae una "utilitas" anche non patrimoniale), ha la funzione di individuare un criterio oggettivo di allocazione del la responsabilità in forza del quale, dei danni causati dall'animale, deve rispondere il soggetto che dallo stesso trae un beneficio, in sostanziale applicazione del principio "ubi commoda ibi et incommoda", con l'unica salvezza del caso fortuito. Che poi, in un simile caso, sussista un diritto di proprietà statale in relazione ad alcune specie di animali selvatici (precisamente, quelle oggetto della tutela di cui alla citata L. n. 157 del 1992), è conseguenza che deriva tanto dalla loro appartenenza al patrimonio indisponibile dello Stato, quanto, soprattutto, dall'essere tale regime di proprietà pubblica espressamente disposto in funzione della tutela generale dell'ambiente e dell'ecosistema. Orbene, poichè tale funzione si realizza, come visto, mediante l'attribuzione alle Regioni di specifiche competenze normative e amministrative, nonchè di indirizzo, coordinamento e controllo (non escluso il potere sostitutivo) sugli altri enti, titolari di più circoscritte funzioni amministrative nello stesso ambito, è in capo alle Regioni che va imputata la responsabilità, ai sensi dell'art. 2052 c.c.. Applicando il criterio oggettivo di cui all'art. 2052 c.c., la Cassazione ritiene che il preteso danneggiato dovrà allegare e dimostrare che il pregiudizio lamentato sia stato causato dall'animale selvatico. In particolare, andrà provata la dinamica del sinistro, nonché il nesso causale tra la condotta dell'animale e l'evento dannoso subito, oltre che l'appartenenza dell'animale stesso a una delle specie oggetto della tutela di cui alla legge n. 157/1992, o, comunque, che si tratti di animale selvatico rientrante nel patrimonio indisponibile dello Stato. In presenza di danni derivanti da incidenti stradali che abbiano coinvolto veicoli e animali selvatici, non sarà sufficiente la sola dimostrazione della presenza dell'animale sulla carreggiata, e dell'impatto tra lo stesso d il veicolo. Il danneggiato, oltre a provare che la condotta dell'animale sia stata la "causa" dell'evento dannoso, sarà onerato, ex art. 2054, comma 1, c.c. della prova di avere fatto tutto il possibile per evitare il danno, cioè di avere, nella specie, adottato ogni opportuna cautela nella propria condotta di guida.

mercoledì 8 luglio 2020

Cassazione Civile Sentenza n. 8459/2020 - CAMPIONI BIOLOGICI – PRIVACY – ACCERTAMENTO PATERNITA’

La Cassazione ha chiarito che in sede civile e precisamente in un giudizio di accertamento della paternità sono utilizzabili i campioni biologici consegnati dalle Aziende Ospedaliere al Ctu incaricato, senza che sussista alcuna violazione della privacy, stante la prevalenza dell'interesse giudiziario. Infondata pertanto la contestazione sull'acquisizione dei vetrini con i campioni biologici presso le Aziende ospedaliere, che secondo il ricorrente, una volta cessato il trattamento "avrebbero dovuto essere distrutti, e non potevano essere ceduti dalle strutture sanitarie." Le controversie aventi ad oggetto i diritti dei privati non richiedono infatti le stesse garanzie richieste per il processo penale. In sede civile inoltre il giudice non incontra il limite delle prove tipiche, potendo utilizzare anche prove atipiche, la cui rilevanza dipende da una valutazione del magistrato. Esclusa quindi la possibilità di applicare la regola della inutilizzabilità della prova prevista per il processo penale in quello civile, la Cassazione chiarisce che sul diritto alla privacy del soggetto prevale "il trattamento dei dati personali qualora - effettuato per ragioni di giustizia - per tale intendendosi i trattamenti di dati personali direttamente correlati alla trattazione giudiziaria di affari e controversie (art. 47 Dlgs n. 196/2003 nel testo anteriore alla abrogazione disposta con il dlgs n. 101/2018.)" Anche il regolamento europeo n. 679/2016 ammette una deroga al limite della privacy e al trattamento dei dati personali se è necessario "accertare, esercitare o difendere un diritto in sede giudiziaria o ogniqualvolta le autorità giurisdizionali esercitino le loro funzioni giurisdizionali." Pertanto, fermo restando il principio secondo cui rimane precluso l'accesso a quelle prove la cui acquisizione concreti una diretta lesione di interessi costituzionalmente tutelati riferibili alla parte contro cui la prova viene utilizzata, la conservazione dei dati personali, compreso il vetrino che contiene il campione biologico con le indicazioni idonee a identificare il soggetto a cui appartiene, è giustificata nel momento in cui emergono finalità istituzionali dell'ente pubblico, come nel caso di specie, ossia l'impiego giudiziario dei dati biologici. Disposizioni che trovano conferma anche nel regolamento europeo 679/2016. Dalla complessa normativa sulla Privacy emerge che anche la "conservazione" del dato personale (tale dovendo configurarsi anche il vetrino contenente il campione biologico in quanto risulti corredato da indicazioni atte alla identificazione del soggetto cui appartiene) rientra nelle operazioni di trattamento e può, quindi, trovare giustificazione rispetto alle finalità istituzionali dell'ente pubblico, laddove queste prevedano, appunto, forme obbligatorie ex lege di archiviazione dei dati in funzione del perseguimento di interessi pubblici prevalenti, quali - ad esempio - l'impiego giudiziario del campione biologico, ovvero qualora la conservazione venga effettuata per fini scientifici o statistici. Ne segue che un automatico obbligo di distruzione del dato non è configurabile in capo al titolare del trattamento laddove il termine della conservazione sia correlato alle predette finalità istituzionali, come nel caso in esame in cui il cd. "materiale di archivio campionato" (blocchetti in paraffina e vetrini) venga a costituire oggetto di specifico obbligo, imposto alle Aziende ospedaliere, relativo alla conservazione dei referti e delle cartelle cliniche (cfr. Linee guida sulla "tracciabilità, raccolta, trasporto, conservazione e archiviazione di cellule e tessuti per indagini diagnostiche di anatomia patologica" elaborate dal Ministero della Salute Consiglio Superiore di Sanità - maggio 2015) e sia previsto uno specifico obbligo di legge alla conservazione per dieci anni dei campioni biologici riferibili a pazienti deceduti (cfr. L. 30 marzo 2001, n. 130, art. 3, comma 1, lett. h). La consegna dei vetrini da parte delle aziende ospedaliere deve quindi qualificarsi come adempimento alle prescrizioni contenute nel provvedimento giudiziario che ha conferito l'incarico al Ctu di acquisire anche "informazioni" presso terzi ai sensi dell'art. 194 c.p.c.

lunedì 15 giugno 2020

Dichiarazione di successione - deposito telematico

LA DICHIARAZIONE DI SUCCESSIONE

Per ottenere l’intestazione in proprio favore degli immobili ereditari e lo smobilizzo delle somme depositate nei conti correnti del de cuius si devono prima pagare allo Stato le tasse di successione.

Queste tasse vengono pagate tramite la presentazione della dichiarazione di successione.

La dichiarazione di successione deve essere presentata dagli eredi, dai chiamati all'eredità, dai legatari entro 12 mesi dalla data di apertura della successione che coincide, generalmente, con la data del decesso del contribuente.

Il chiamato non è erede finché non accetta l’eredità ma l’obbligo di presentare la dichiarazione di successione ricade su di lui sin da subito a meno che non rinunci espressamente all’eredità con atto pubblico ricevuto dal notaio o dal cancelliere del Tribunale.

La nuova dichiarazione di successione e domanda di volture catastali deve essere presentata esclusivamente in via telematica con l’ausilio di professionisti competenti e abilitati al servizio da parte dell’Agenzia delle Entrate.

Se più persone sono obbligate alla presentazione della dichiarazione è sufficiente presentarne una sola.

Contribuenti esonerati

Non c'è obbligo di dichiarazione se l'eredità è devoluta al coniuge e ai parenti in linea retta del defunto e l'attivo ereditario ha un valore non superiore a 100.000 euro e non comprende beni immobili o diritti reali immobiliari. Queste condizioni possono venire a mancare per effetto di sopravvenienze ereditarie.

Imu

Coloro che hanno presentato la dichiarazione di successione in cui sono indicati beni immobili non devono presentare la dichiarazione Imu (Imposta municipale propria). Saranno gli stessi uffici dell’Agenzia delle Entrate, competenti a ricevere la dichiarazione di successione, a trasmetterne copia al Comune in cui sono ubicati gli immobili.

Autoliquidazione imposta immobili

Quando nell’attivo ereditario è presente un immobile, prima di presentare la dichiarazione di successione occorre autoliquidare le imposte ipotecaria, catastale, di bollo, la tassa ipotecaria e i tributi speciali (per esempio, per le formalità ipotecarie).

Il pagamento delle somme dovute e calcolate in autoliquidazione avviene con addebito su un conto aperto presso un intermediario della riscossione - convenzionato con l'Agenzia delle Entrate - e intestato al dichiarante oppure al soggetto incaricato della trasmissione telematica, identificati dal relativo codice fiscale. Per questo, quando si compila la dichiarazione vanno indicati il codice Iban del conto sul quale addebitare le somme dovute e il codice fiscale dell’intestatario del conto corrente.

Il versamento dell'imposta di successione

L’imposta di successione liquidata dall’ufficio territoriale competente sulla base della dichiarazione presentata può essere pagata anche a rate, con queste modalità:

• almeno il 20% dell’importo deve essere versato entro sessanta giorni dalla notifica dell’avviso di liquidazione

• la parte restante, è versata in otto rate trimestrali (dodici, per importi superiori a ventimila euro), sulle quali sono dovuti gli interessi calcolati dal primo giorno successivo al pagamento della tranche iniziale. Le rate scadono l'ultimo giorno di ciascun trimestre.

La rateazione non è ammessa per importi inferiori a 1.000 euro.

Ritardo nella presentazione della dichiarazione di successione

Decorso il termine di dodici mesi, l’Agenzia delle Entrate può procedere d’ufficio all’accertamento dell’attivo ereditario e alla auto-liquidazione delle imposte a carico degli eredi. Una volta che è stato notificato l’accertamento, gli eredi non potranno più avvalersi del ravvedimento operoso e si vedranno costretti a pagare oltre a quanto dovuto e agli interessi di mora anche le sanzioni amministrative che possono andare dal 120 al 240 per cento dell’imposta liquidata d’ufficio.

Nel caso di ritardo nella presentazione della dichiarazione di successione, e sempre che non sia già intervenuto l’accertamento del fisco, agli eredi è concesso di procedere con il cosiddetto ravvedimento operoso; con il quale oltre il pagamento di quanto già dovuto per la presentazione della dichiarazione di successione, si procederà al pagamento di interessi di mora, che variano a seconda del ritardo accumulato.

Per il pagamento delle imposte e delle relative sanzioni è riconosciuto allo Stato un privilegio speciale per la riscossione coattiva, la cui forza è tale da prevalere in sede di riparto del ricavato della vendita dei beni pignorati anche sulle ipoteche preesistenti.

Lo Studio Legale Consani è abilitato alla presentazione delle dichiarazioni di successione in tutta Italia tramite il canale telematico dell’Agenzia delle Entrate.

Siamo a vostra disposizione per una consulenza e preventivo.

Non esitate a contattarci

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venerdì 27 marzo 2020

Legal Task Force - Italy - Tuscany - Viareggio - Lucca - Camaiore - Forte dei Marmi



Studio Legale Consani
Emergenza COVID-19 Legal Task Force




Lo Studio Legale Consani ha organizzato al suo interno una task force per far fronte alle richieste da parte dei clienti.
I professionisti dello studio, ciascuno per la propria area di competenza, sono in costante aggiornamento in merito ai numerosi provvedimenti che si stanno susseguendo in questi giorni.
Siamo a Vostra disposizione per qualsiasi necessità giuridica o di assistenza legale.
Contattaci al seguente indirizzo mail:
avv.chiaraconsani@gmail.com
chiara.consani@studioconsani.eu
francesco.consani@studioconsani.eu
alberto.consani@studioconsani.eu 


Consani Law firm made available a COVID-19 Legal Task Force to provide our clients with practical support to pass through the uncertainty unleashed by the COVID-19.
It is a multidisciplinary task force to respond to all doubts.
The task force includes experts in the following fields of Italian law: employment, healthcare and life sciences, privacy, corporate criminal law, litigation, commercial contracts, corporate, compliance, transport law, administrative law and tax.
If you live or if you have any economic interest in Italy, we are ready to support.

Please contact us: 
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RIMBORSO TITOLI DI VIAGGIO E PACCHETTI TURISTICI Art 28 D.L. 9/2020


COVID – 2019 – RIMBORSO TITOLI DI VIAGGIO E PACCHETTI TURISTICI

L’art 28 del D.L. 9/2020, nel disporre le misure relative al Rimborso di titoli di viaggio e pacchetti turistici, ha espressamente statuito che sia il vettore che l’organizzatore possano offrire al viaggiatore o il rimborso di quanto versato per il titolo di viaggio o un voucher di pari importo da utilizzare entro un anno.
Il tenore letterale del testo normativo non lascia adito a dubbio alcuno circa il fatto che la scelta in merito alle gestione delle conseguenze dell’annullamento del viaggio è rimessa esclusivamente all'organizzatore (tour operator o agenzia di viaggio) e non al viaggiatore.

Per qualsiasi consulenza scrivere al seguente indirizzo mail: avv.chiara.consani@gmail.com

Qui di seguito è riportato il testo dell’articolo di riferimento DL n.9/2020.
Art. 28
Rimborso titoli di viaggio e pacchetti turistici
1. Ai sensi e per gli effetti dell'articolo 1463 del codice civile, ricorre la sopravvenuta impossibilità della prestazione dovuta in relazione ai contratti di trasporto aereo, ferroviario, marittimo, nelle acque interne o terrestre stipulati:
a) dai soggetti nei confronti dei quali è stata disposta la quarantena con sorveglianza attiva ovvero la permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva da parte dell’autorità sanitaria competente, in attuazione dei provvedimenti adottati ai sensi dell'articolo 3 del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, con riguardo ai contratti di trasporto da eseguirsi nel medesimo periodo di quarantena o permanenza domiciliare;
b) dai soggetti residenti, domiciliati o destinatari di un provvedimento di divieto di allontanamento nelle aree interessate dal contagio, come individuate dai decreti adottati dal Presidente del Consiglio dei ministri ai sensi dell'articolo 3 del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, con riguardo ai contratti di trasporto da eseguirsi nel periodo di efficacia dei predetti decreti;
c) dai soggetti risultati positivi al virus COVID-19 per i quali è disposta la quarantena con sorveglianza attiva ovvero la permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva da parte dell’autorità sanitaria competente ovvero il ricovero presso le strutture sanitarie, con riguardo ai contratti di trasporto da eseguirsi nel medesimo periodo di permanenza, quarantena o ricovero;
d) dai soggetti che hanno programmato soggiorni o viaggi con partenza o arrivo nelle aree interessate dal contagio come individuate dai decreti adottati dal Presidente del Consiglio dei ministri ai sensi dell'articolo 3 del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, con riguardo ai contratti di trasporto da eseguirsi nel periodo di efficacia dei predetti decreti;
e) dai soggetti che hanno programmato la partecipazione a concorsi pubblici o procedure di selezione pubblica, a manifestazioni o iniziative di qualsiasi natura, a eventi e a ogni forma di riunione in luogo pubblico o privato, anche di carattere culturale, ludico, sportivo e religioso, anche se svolti in luoghi chiusi aperti al pubblico, annullati, sospesi o rinviati dalle autorità competenti in attuazione dei provvedimenti adottati ai sensi dell'articolo 3 del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, con riguardo ai contratti di trasporto da eseguirsi nel periodo di efficacia dei predetti provvedimenti;
f) dai soggetti intestatari di titolo di viaggio, acquistati in Italia, avente come destinazione Stati esteri, dove sia impedito o vietato lo sbarco, l'approdo o l'arrivo in ragione della situazione emergenziale epidemiologica da COVID-19.
2.I soggetti di cui al comma 1 comunicano al vettore il ricorrere di una delle situazioni di cui al medesimo comma 1 allegando il titolo di viaggio e, nell'ipotesi di cui alla lettera e), la documentazione attestante la programmata partecipazione ad una delle manifestazioni, iniziative o eventi indicati nella medesima lettera e).
Tale comunicazione è effettuata entro trenta giorni decorrenti: a) dalla cessazione delle situazioni di cui al comma 1, lettere da a) a d); b) dall'annullamento, sospensione o rinvio del corso o della procedura selettiva, della manifestazione, dell'iniziativa o dell'evento, nell'ipotesi di cui al comma 1, lettera e); c) dalla data prevista per la partenza, nell'ipotesi di cui al comma 1, lettera f).
3. Il vettore, entro quindici giorni dalla comunicazione di cui al comma 2, procede al rimborso del corrispettivo versato per il titolo di viaggio ovvero all'emissione di un voucher di pari importo da utilizzare entro un anno dall'emissione.
4. Le disposizioni di cui ai commi 2 e 3 trovano applicazione anche nei casi in cui il titolo di viaggio sia stato acquistato per il tramite di un'agenzia di viaggio.
5. I soggetti di cui al comma 1 possono esercitare, ai sensi dell'articolo 41 del decreto legislativo 23 maggio 2011, n. 79, il diritto di recesso dai contratti di pacchetto turistico da eseguirsi nei periodi di ricovero, di quarantena con sorveglianza attiva, di permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva ovvero di durata dell'emergenza epidemiologica da COVID-19 nelle aree interessate dal contagio come individuate dai decreti adottati dal Presidente del Consiglio dei ministri ai sensi dell'articolo 3 del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6. In caso di recesso, l'organizzatore può offrire al viaggiatore un pacchetto sostitutivo di qualità equivalente o superiore, può procedere al rimborso nei termini previsti dai commi 4 e 6 dell'articolo 41 del citato decreto legislativo 23 maggio 2011, n. 79, oppure può emettere un voucher, da utilizzare entro un anno dalla sua emissione, di importo pari al rimborso spettante.
6. In relazione alle ipotesi disciplinate dall'articolo 1, comma 2, lettera f), del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, il rimborso può essere effettuato anche mediante l'emissione di un voucher di pari importo da utilizzare entro un anno dall'emissione.
7. Nei casi di cui ai commi 5 e 6, il vettore procede al rimborso del corrispettivo versato per il titolo di viaggio in favore dell'organizzatore ovvero all'emissione di un voucher di pari importo da utilizzare entro un anno dall'emissione.
8. Le disposizioni di cui al presente articolo costituiscono, ai sensi dell'articolo 17 della legge del 31 maggio 1995, n. 218 e dell'articolo 9 del regolamento (CE) n. 593/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 giugno 2008, norme di applicazione necessaria.
9. Alla sospensione dei viaggi ed iniziative d'istruzione disposta dal 23 febbraio al 15 marzo ai sensi degli articoli 1 e 2 del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, e dei conseguenti provvedimenti attuativi, si applica quanto previsto dall'articolo 41, comma 4, del decreto legislativo 23 maggio 2011, n. 79, in ordine al diritto di recesso del viaggiatore prima dell'inizio del pacchetto di viaggio nonché' l'articolo 1463 del codice civile. Il rimborso può essere effettuato anche mediante l'emissione di un voucher di pari importo da utilizzare entro un anno dall'emissione.