martedì 6 marzo 2012

LE UNIONI OMOSESSUALI IN ITALIA SOLUZIONI IN ATTESA DI UNA NORMATIVA AD HOC:


Manca in Italia una normativa che riconosca alle coppie omosessuali la facoltà di unirsi in matrimonio civile.

LA LEGISLAZIONE ITALIANA:

L’art 29 della Costituzione prevede il riconoscimento dei “diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio”.

L’art 30 della Costituzione tutela i diritti dei figli nati all’interno o fuori dal matrimonio.

Dal combinato disposto degli artt. 29 e 30 cost. emerge con chiarezza che l’attenzione del Costituente è volta ad una formazione familiare esclusivamente eterosessuale capace (almeno in astratto) di procreare.

Il requisito della “naturalità” osta alla possibilità di celebrare il matrimonio tra persone del medesimo sesso, evidenziandosi tale assunto anche dall’art. 3 comma 3 lettera g) della legge n.898/1970 (c.d. “legge sul divorzio”), per cui la rettificazione dell’attribuzione di sesso determina l’immediato scioglimento del matrimonio.

In conclusione, non ricorrendo le peculiarità del fenomeno «famiglia» cosí come considerato nella Costituzione, è da escludere – allo stato attuale della normativa – che le unioni tra persone dello stesso sesso possano trovare una qualche rilevanza propriamente «familiare» nel contesto costituzionale, con la possibilità, in prospettiva de iure condendo, di acquisire una tutela analoga a quella prevista per la famiglia legittima od anche a quella che si potrebbe prospettare per la famiglia di fatto o convivenza more uxorio nei termini e con i limiti dettati dalla considerazione preferenziale espressa dal Costituente per la comunità familiare fondata sul matrimonio di cui all’art. 29, comma 1, cost.

In tal senso sulla base di tale legislativa nazionale l’unione matrimoniale tra persone del medesimo sesso non sarebbe solo invalida, bensì giuridicamente e legalmente inesistente


LA LEGISLAZIONE EUROPEA:

In Europa, il matrimonio omosessuale è previsto e giuridicamente disciplinato in Olanda (dall’anno 2001), Belgio (dall’anno 2003), Spagna e Regno Unito (dall’anno 2005).

Nel contesto europeo, occorre distinguere gli ordinamenti giuridici:
-       che ammettono in toto il matrimonio omosessuale, quindi facendone discendere in capo ai coniugi tutti gli obblighi relativi;
In tal caso l’unione omosessuale viene del tutto parificata al matrimonio e quindi ciascun soggetto acquisisce lo status coniugale, perdendo di conseguenza lo stato libero;

-       che ammettono esclusivamente le unioni civili costituenti istituti giuridici differenti dal matrimonio vero e proprio venendo attribuita rilevanza giuridica alla convivenza “di fatto”, more uxorio;

LA VALIDITA’ DEL MATRIMONIO OMOSESSUALE CONTRATTO ALL’ESTERNO TRA CITTADINI ITALIANI:

Poiché in un numero crescente di paesi il matrimonio ha visto l’abbandono del requisito della diversità di sesso fra i coniugi spesso le coppie tra persone dello stesso sesso guardano all’estero per contrarre matrimonio.

In tal senso è necessario verificare se un matrimonio contratto all’estero tra persone dello stesso sesso e cittadine italiane sia o meno riconosciuto in Italia.

L’art. 27, l. n. 218/1995, rinvia alla legge nazionale di ciascun nubendo per la sussistenza dei requisiti della capacità matrimoniale e per le altre condizioni per contrarre matrimonio.

L’art. 115 c.c. stabilisce che al cittadino italiano che contragga matrimonio all’estero si applicano le disposizioni contenute nella sezione I del capo III del c.c. in tema di condizioni necessarie per contrarre matrimonio.

Ancorché la diversità di sesso non sia espressamente contemplata dalla norme menzionate, si sostiene comunemente l’invalidità del matrimonio contratto all’estero con persona dello stesso sesso per mancanza, nel cittadino italiano, di uno dei requisiti sostanziali.

Poiché, dunque, la diversità di sesso assurge ad elemento essenziale della fattispecie «matrimonio», è legittimo il rifiuto dell’ufficiale di stato civile «per l’assenza dei requisiti minimi essenziali che consenta di inquadrare la fattispecie in esame nella stessa previsione legale “matrimonio”, presupposto questo indefettibile per la trascrizione». Emerge pertanto che la trascrizione del matrimonio contratto all’estero fra persone dello stesso sesso, entrambe cittadine italiane, non è ammissibile perché detto vincolo sarebbe inesistente secondo il punto di vista del foro italiano.


UNIONI TRA PERSONE DELLO STESSO SESSO E COMUNIONE DI VITA:

Le unioni omosessuali rappresentano una comunione di vita e di affetti, pur sempre prive della capacità di riprodursi.

Pur non avendo queste unioni, a livello costituzionale, rilevanza propriamente «familiare» con le conseguenze anzidette, tuttavia non può revocarsi in dubbio che esse costituiscono espressione dell’esercizio di un diritto inviolabile della persona quale è il diritto di libertà sessuale.

In tal senso nella attuale mancanza di una normativa ad hoc che tuteli le unioni fra persone dello stesso sesso, è possibile mediante un contratto di convivenza, avente mera efficacia fra le parti, disciplinare i rispettivi rapporti in particolar modo quelli patrimoniali attraverso una regolamentazione ad hoc. Prevedendo ad esempio: la sorte dei beni mobili e degli arredi della casa in caso di separazione. Obbligandosi una parte a corrispondere all’altra, somme a titolo di mantenimento, sempre per il caso della separazione.


L’OPPORTUNITA’ DI FARE TESTAMENTO SE SI INTENDE LASCIARE DEI BENI AL PROPRIO COMPAGNO/A DI VITA:

L’assenza di una norma che riconosca valore giuridico alle unioni omosessuali incide notevolmente anche in merito ai diritti successori.
Mentre il coniuge in forza del matrimonio acquista la qualità di legittimario, il compagno/a di una coppia omosessuale non ha alcun titolo per vantare dei diritti di riserva sulla successione del compagno/a.
Per tale ragione è opportuno, se la volontà è quella di tutelare economicamente il compagno nel caso di morte, procedere alla stesura, nelle forme di legge, di un testamento con il quale lasciare la disponibile al compagno/a.
Nulla toglie che con tale testamento si possa disporre in favore del compagno/a dell’intera eredità fermo restando il rischio dell’azione di riduzione di eventuali legittimari (i genitori) pretermessi o lesi.

Questo studio è a vostra completa disposizione per ogni consulenza in merito alla redazione di un contratto di convivenza ad hoc e per rendervi consulenza testamentaria. Non esitare a contattarmi via mail chiara.consani@virgilio.it  

martedì 17 gennaio 2012

DISASTRO COSTA CROCIERE COME AGIRE PER IL RISARCIMENTO DEL DANNO

Lo studio legale Consani è vicino alle vittime del disastroso incidente della nave Costa Crociere ed esprime solidarietà ai feriti e cordoglio ai familiari delle vittime della terribile sciagura del mare che ha coinvolto i passeggeri ed i marittimi della Costa Concordia.

La strage ed il disastro causato dalla nave Costa Concordia, non può lasciarci indifferenti.

Con il presente Post si intende mettere a disposizione gratuita dei passeggeri e dei familiari delle vittime la nostra esperienza legale così da sapere come agire tempestivamente per ottenere il risarcimento dovuto.

E’ importante che tutti sappiano che i passeggeri hanno diritto al risarcimento dei danni alla salute (morte o lesioni), dei danni ai bagagli ed alle cose trasportate, degli altri danni patrimoniali (ad esempio, il costo della crociera, le spese a terra dopo il naufragio etc.), dei danni da vacanza rovinata, dei danni morali (qualora siano accertate responsabilità penali, quali disastro o lesioni colpose).

I passeggeri devono provare l'entità del danno, in particolare alla persona ed alle cose. In tal senso è necessario raccogliere tutta la documentazione possibile relativa alle eventuali lesioni subite (certificati medici) ed ai beni persi o danneggiati (scontrini fiscali, fotografie, testimonianze). Dovranno inoltre rivolgersi al tour operator che ha organizzato per loro la sfortunata crociera al fine di recuperare i documenti relativi al contratto di viaggio.

Quanto alla forma della richiesta del risarcimento, la legge prevede l’invio entro il termine di 10 giorni di una raccomandata AR con la richiesta di risarcimento dei danni, allegando tutta la documentazione disponibile, riservandosi la produzione di quella mancante e la quantificazione definitiva del danno.

Non deve essere sottovalutato neppure il ricorso all’azione penale, da promuovere con denuncia nei confronti della società proprietaria della nave, per omicidio colposo e mancata osservanza delle norme sulla sicurezza, oltre ad eventuali altri reati che fossero rilevati e rilevabili nel corso del’inchiesta.

Merita inoltre porre l’attenzione sulle ventilate “Class Action” che le varie associazioni di tutela dei consumatori propongono e reclamizzano, a mio parere anche in palese violazione sulle norme deontologiche e professionali a noi imposte, in quanto le ragioni di danno dei singoli passeggeri potrebbero differenziarsi l’uno dall’altro e non è detto che una azione comune porti sempre ad un risarcimento più vantaggioso. Il singolo denunciante potrebbe ottenere di più, specialmente in sede penale, non piegandosi alla volontà della maggioranza che potrebbe contrastare con le sue personali aspettative.

Per qualsiasi chiarimento non esitate a contattare il nostro studio anche via e-mail al seguente indirizzo di posta elettronica: chiara.consani@virgilio.it
Garantiamo assistenza legale anche per i cittadini stranieri, lo studio legale offre consulenza in lingua inglese e spagnola.


martedì 3 gennaio 2012

LA NATURA DELLA RESPONSABILITA’ DEL FALSUS PROCURATOR


L'art. 1398 c.c. contempla la figura del falsus procurator, cioè di colui che contratta come rappresentante senza averne i poteri.
“Colui che ha contrattato come rappresentante senza averne i poteri o eccedendo i limiti delle facoltà conferitegli, è responsabile del danno che il terzo contraente ha sofferto per avere confidato senza sua colpa nella validità del contratto”.
Si parla in tal caso di rappresentante senza potere perché la caratteristica tipica della rappresentanza, cioè la produzione diretta degli effetti nella sfera giuridica del rappresentato, presuppone la legittimazione del rappresentante ad agire in nome del dominus.
Per aversi rappresentanza senza potere è sempre necessaria la spendita del nome altrui da parte dell’agente (Cass. civ. n. 78/1993).
La ratio della responsabilità che sorge a carico del falsus procurator  nei confronti del terzo incolpevole va ricercata nell’esigenza di garantire uno svolgimento pacifico e lineare delle contrattazioni,  improntate ai principi di correttezza e diligenza di ambo le parti nello  svolgimento delle trattative negoziali.
Il rappresentante senza potere è responsabile del danno che il terzo contraente ha sofferto per aver confidato nella validità del contratto e che tale responsabilità postula la conclusione di un contratto idoneo a produrre effetti in capo al rappresentato in seguito alla ratifica del medesimo (Cass. civ. n. 8831/1990).
Si tratta, secondo attenta dottrina, di una tipica ipotesi di culpa in contraendo (Cass. civ. n. 10882/2006) che consente la risarcibilità del solo interesse negativo, cioè dei danni costituiti dalle spese sostenute, dalle occasioni perdute e dall’attività impiegata nelle trattative. Presupposti di tale responsabilità, considerata extra contrattuale (Cass. civ. n. 12969/2000), sono che il falsus procurator abbia stipulato un contratto con il terzo senza aver comunicato l’inesistenza della legittimazione ad agire in nome e per conto del rappresentato. Perché sussita il risarcimento dell’interesse negativo occorre altresì che il terzo contraente non abbia confidato per sua colpa nella validità del contratto stipulato con il falsus procurator.
Circa la natura del negozio concluso dal rappresentate senza potere  la tesi preferibile ritiene che esso sia meramente inefficace nei confronti del soggetto falsamente rappresentato. Non potrebbe infatti dirsi nullo poiché appunto idoneo ad essere ratificato (mentre la nullità non è suscettibile di essere sanata), neppure annullabile, perché comunque privo di efficacia interinale sia tra rappresentato e terzo, sia tra rappresentante e terzo (Cass. Civ., 1929/93; Cass. Civ., 2802/95; Cass. Civ., Sez. II, 21441/10).

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La Corte di Appello di Firenze, Sezione II Civile sentenza n. 1689 dell’anno 2011 nuovamente torna a parlare di responsabilità del falsus procurator adeguandosi al sentito della giurisprudenza di Cassazione la quale qualifica la responsabilità ex art 1398 c.c. come responsabilità precontrattuale e prevedendo la risarcibilità dell’interesse negativo nel solo caso in cui il contraente abbia confidato senza sua colpa nella validità del negozio concluso con il rappresentate non legittimato.

La Vicenda Giudiziaria:

Si tratta di una vicenda nata in merito alla inefficacia di un negozio di transazione ed alla conseguente richiesta di risarcimento dei danni, tra la allora titolare della concessione del noto parco giochi Pitagora, presso Lido di Camaiore, e due degli allora assessori comunali.
La titolare della concessione ed i due assessori, in nome e per conto del Comune, mediante transazione si erano accordati ed avevano fissato la data di scadenza della concessione del Parco Pitagora, prevedendo altresì che il Comune avrebbe ottemperato al pagamento del valore delle attrezzature installate nel parco dalla stessa concessionaria.
Era accaduto però che Comune avesse rifiutato di provvedere al pagamento di tali attrezzature adducendo che la transazione non aveva alcun effetto vincolante per il Comune stesso, non essendo stato proceduto da alcuna deliberazione della Giunta Municipale né ratificato successivamente dal Sindaco.
La ex concessionaria citava allora in giudizio il Comune, ed Tribunale di Lucca con sentenza 649/94 rigettava la domanda, statuendo che “la transazione stipulata tra xxx ed il Comune di Camaiore non poteva essere ritenuta vincolante, essendo venuto meno un regolare iter amministrativo sfociante in una delibera della Giunta Comunale con la firma del Sindaco” precisando altresì “resta salva l’azione di risarcimento nei confronti dei due assessori firmatari della transazione a azione possibile di arricchimento senza causa del Comune”.

Giudizio di Primo Grado
La ex titolare della concessione del Parco Pitagora chiamava allora in giudizio i due assessori i quali, nello stipulare l’atto assicurando di disporre dei relativi poteri, avevano creato nell’attrice un legittimo affidamento che la aveva indotta a sottoscrivere la convenzione e ad eseguire gli impegni con essa assunti – perché fossero ritenuti personalmente responsabili e condannati a pagare la somma di  lire 163.861.000, indicata nella transazione ed a risarcire gli ulteriori danni subiti.
I convenuti assessori si costituivano in giudizio, separatamente, uno per mezzo dell’avv. Consani e l’altro per mezzo dell’avv. xxxx, contestando la domanda di parte attrice e chiedendone il rigetto.
All’esito della istruttoria il giudizio di primo grado si conclude con la condanna degli assessori. il Tribunale di Lucca, infatti, osservato che la fattispecie non poteva che essere ricondotta all’ipotesi del “falsus procurator”, avendo gli stessi convenuti riconosciuto di avere agito senza averne i poteri, riteneva che la loro difesa, secondo cui la concessionaria era perfettamente consapevole del fatto che la transazione necessitasse di una ratifica, fosse priva di fondamento poiché per le circostanze di fatto in cui si era svolta l’operazione  - sede comunale, firma degli assessori, consegna del parco al Comune - era lecito aspettarsi una regolarità del procedimento, considerato anche che nella convenzione non esisteva alcuna condizione o clausola di ratifica. Giudicava pertanto i due convenuti responsabili in solido per i danni causati e li condannava al pagamento della somma di € 82.000,00, determinata equitativamente, oltre interessi dalla domanda e spese processuali.

IL GIUDIZIO DI APPELLO
Gli assessori appellanti lamentavano, in separato appello, che il primo giudice, non avesse considerato che l’atto compiuto da chi oltrepassa il potere rappresentativo o ne è sprovvisto, è inefficace e perciò i convenuti non potevano essere condannati al risarcimento di un danno in relazione agli effetti del contratto non concluso, ma semmai ai danni per responsabilità precontrattuale nei limiti dello stretto interesse negativo, ossia delle spese inutilmente sostenute e della eventuale perdita di ulteriori occasioni di contratti più vantaggiosi.
La Corte di Appello esaminando la domanda con riferimento all’azione di responsabilità ex art. 1398 c.c. - come prospettata da parte attrice e come espressamente qualificata anche dal primo giudice nella sentenza impugnata – chiarisce che tale responsabilità si configura come responsabilità precontrattuale e presuppone che il terzo contraente abbia confidato “senza sua colpa” nella legittimazione del falso rappresentante.
Secondo un principio giurisprudenziale ampiamente consolidato (Cass. 2.3.2006, n. 4635; Cass. 6.4.2001, n. 5144; Cass. 26.6.1998, n. 6337) e ulteriormente ribadito anche in epoca recente (Cass. 8.7.2010, n. 16149) non può configurarsi responsabilità per culpa in contraendo allorché la causa di invalidità del negozio derivi da una norma di legge che, per presunzione assoluta, è nota alla generalità dei consociati.
Tale situazione ricorreva emblematicamente nel caso in esame in relazione alle norme di legge che disciplinano specificamente ed inderogabilmente l’iter di formazione della volontà contrattuale dell’ente pubblico.
Si aggiunga che, secondo quanto emerge dagli atti, nel corso della trattativa intercorsa con gli esponenti dell’amministrazione comunale e la concessionaria,  quest’ultima era assistita da un avvocato di fiducia, che era presente al momento della stipula dell’atto di transazione stesso.
La Corte di Appello di Firenze ha ritenuto pertanto, che non ricorressero nel caso in esame i presupposti della responsabilità fatta valere in giudizio dalla concessionaria nei confronti degli appellanti, non potendo affermarsi che essa abbia confidato “senza sua colpa” nella validità del contratto.
Inoltre il danno risarcibile nel caso di responsabilità ex art 1398 c.c. del falsus procurator si limita al cosiddetto "interesse negativo" e risiede nelle spese e nelle perdite strettamente dipendenti dalla conclusione del contratto inefficace e nell’ eventuale vantaggio perduto conseguibile per il tramite di contrattazioni alternative, tutte componenti di danno che non sono state provate e, prima ancora, allegate nel caso di specie. Il danno risarcibile non si estende invece ad danno emergente ed al lucro cessante derivanti dall’inadempimento del contratto e pertanto del tutto ingiustificata deve in ogni caso ritenersi la determinazione operata dal primo giudice, sostanzialmente commisurata al valore della controprestazione dedotta nell’atto di transazione a favore della concessionaria e rimasta inadempiuta.
La Corte di Appello ha così riformato in toto la sentenza di primo grado impugnata aderendo alle motivazioni in appello dell’avv. Consani e dal collega avv. xxxx, rigettando la domanda attrice, dichiarando integralmente compensate fra tutte le parti le spese di entrambi i gradi del giudizio.

giovedì 29 dicembre 2011

ITALIA-PROGRAMMI.NET E SOLLECITI DI PAGAMENTO IL PROVVEDIMENTO DELL'ANTITRUST


Il sito Italia-programmi.net è sotto accusa da parte della Agenzia Garante Antitrust per aver posto in essere una condotta commerciale illecita e dannosa per i consumatori.
 
La procedura di accertamento, introdotta dalla autorità competente, ha avuto inizio in seguito alle segnalazioni dei consumatori sull’illecita condotta della "Estesa Limited" (società con sede nella Repubblica delle Seychelles). I consumatori erano indotti, a loro insaputa, a sottoscrivere un abbonamento biennale, per un importo anticipato di 96 euro l'anno a fronte di download gratuiti di software e applicazioni di largo uso per personal computer.
 
Il 25 agosto 2011, con comunicazione di avvio del procedimento e contestuale richiesta di informazioni e sospensione provvisoria, l'Antitrust ha intimato alla società Estesa Limited di "sospendere ogni attività diretta a pubblicizzare su Google Adwords o su altri strumenti di pubblicità online, in via diretta o indirettamente tramite siti ponte, la fruizione gratuita di software scaricabili dal sitowww.italia-programmi.net". 

La società dovrà chiarire sul suo sito che si tratta di un servizio a pagamento. Dovrà inoltre sospendere ogni attività di sollecito del pagamento del presunto abbonamento annuale nei confronti di quei consumatori che hanno comunicato di non averlo mai sottoscritto poichè inconsapevoli della natura onerosa del servizio offerto.
 
In particolare, si contesta l’ingannevolezza del sito: "I consumatori, attraverso la grafica del sito e le modalità di ricerca con cui arrivano sullo stesso, sarebbero stati indotti a ritenere, contrariamente al vero, che la fruizione dei software avvenga senza spese. Ciò in quanto i soggetti interessati da una ricerca di software gratuiti, arriverebbero ad una pagina del sito italia-progammi.net nella quale l'indicazione della reale natura del servizio - un abbonamento a titolo oneroso per 24 mesi - sarebbe riportata con evidenza grafica poco percettibile".

Anche le condotte di Estesa Ltd di sollecito sono state ritenute aggressive: "prefigurando al consumatore ingenti oneri aggiuntivi - anche connesse ad azioni legali - non previamente quantificati, né quantificabili, con il chiaro intento di indurlo ad un tempestivo pagamento della somma richiesta" e la condotta di "ostacolo all'esercizio del diritto di recessoesercitato nei tempi e nei modi previsti dalle condizioni contrattuali presenti sul sito www.italia-programmi.net, ivi inclusa la diffusione di informazioni non veritiere ai consumatori circa una asserita collaborazione del professionista con l'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato".
 
Nell’attesa della definitiva risoluzione della procedura di infrazione si da atto che molti consumatori continuano a ricevere sollicitazioni illegittime da parte di tale sito.

Per qualsiasi chiarimento o consulenza al fine di rispondere alla sollecitazione eventualemtne ricevuta rivolgetevi all’indirizzo mail: chiara.consani@virgilio.it


mercoledì 21 dicembre 2011

DISPOSIZIONI IN MATERIA DI COMPOSIZIONE DELLE CRISI DA SOVRAINDEBITAMENTO


Con il DL approvato dal Consiglio dei Ministri nella seduta del 16 dicembre scorso, tuttora in attesa di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, è stata introdotta nell’ordinamento una procedura di composizione della crisi destinata ai soggetti diversi dagli imprenditori fallibili.

Il testo della nuova disciplina in materia della composizione delle crisi da sovraindebitamento
Art. 1.
(Finalità e definizioni)
1. Al fine di porre rimedio alle situazioni di sovraindebitamento, il debitore può concludere un accordo con i creditori secondo la procedura di composizione della crisi disciplinata dagli articoli da 2 a 12.
2. Ai fini del presente decreto si intende per:
a) sovraindebitamento: una situazione di perdurante squilibrio tra le obbligazioni assunte e il patrimonio liquidabile per farvi fronte, nonché la definitiva incapacità del debitore di adempiere regolarmente le proprie obbligazioni;
b) sovraindebitamento del consumatore: il sovraindebitamento dovuto esclusivamente all’inadempimento di obbligazioni contratte dal consumatore, come definito dal codice del consumo di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005 n. 206.
 Art. 2.
(Presupposti di ammissibilità)
1. Il debitore in stato di sovraindebitamento può proporre ai creditori, con l’ausilio degli organismi di composizione della crisi di cui alI’ articolo lO con sede nel circondario del tribunale competente ai sensi dell’articolo 4, comma l, un accordo di ristrutturazione dei debiti sulla base di un piano che assicuri il regolare pagamento dei creditori estranei all’accordo stesso, compreso l’integrale pagamento dei titolari dei crediti privilegiati ai quali gli stessi non abbiano rinunciato anche parzialmente, salvo quanto previsto dall’articolo 3, comma 4. Il piano prevede i termini e le modalità di pagamento dei creditori, anche se suddivisi in classi, le eventuali garanzie rilasciate per l’adempimento dei debiti, le modalità per l’eventuale liquidazione dei beni. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 8, conuna 1, il piano può prevedere l’affidamento del patrimonio del debitore a un fiduciario per la liquidazione, la custodia e la distribuzione del ricavato ai creditori.
2. La proposta è ammissibile quando il debitore:
 a) non è assoggettabile alle vigenti procedure concorsuali;
 b) non ha fatto ricorso, nei precedenti tre anni, alla procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento.
Art. 3.
(Contenuto dell’accordo)
1. La proposta di accordo prevede la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei crediti attraverso qualsiasi forma, anche mediante cessione dei crediti futuri.
2. Nei casi in cui i beni o i redditi del debitore non siano sufficienti a garantire la fattibilità del piano, la proposta deve essere sottoscritta da uno o più terzi che consentono il conferimento, anche in garanzia, di redditi o beni sufficienti per l’attuabilità dell’accordo.
3. Nella proposta di accordo sono indicate eventuali limitazioni all’accesso al mercato del credito al consumo, all’utilizzo degli strumenti di pagamento elettronico a credito e alla sottoscrizione di strumenti creditizi e finanziari.
4. Il piano può prevedere una moratoria fino ad un anno per il pagamento dei creditori estranei quando ricorrono cumulativamente le seguenti condizioni:
a) il piano risulti idoneo ad assicurare il pagamento alla scadenza del nuovo termine;
b) la moratoria non riguardi il pagamento dei titolari di crediti impignorabili.
 Art. 4.
(Deposito della proposta di accordo)
1. La proposta di accordo è depositata presso il tribunale del luogo ove il debitore ha la residenza ovvero la sede principale.
2. Il debitore, unitamente alla proposta, deposita l’elenco di tutti i creditori, con l’indicazione delle somme dovute, dei beni e degli eventuali atti di disposizione compiuti negli ultimi cinque anni, corredati delle dichiarazioni dei redditi degli ultimi tre anni e dell’ attestazione sulla fattibilità del piano, nonché l’elenco delle spese correnti necessarie al sostentamento suo e della sua famiglia, previa indicazione della composizione del nucleo familiare corredata del certificato dello stato di famiglia.
3. Il debitore che svolge attività d’impresa deposita altresì le scritture contabili degli ultimi tre esercizi, ovvero, in sostituzione delle scritture contabili e per periodi corrispondenti, gli estratti conto bancari tenuti ai sensi dell’articolo 14, comma lO, della legge 14 novembre 2011, n. 183, unitamente a una dichiarazione che ne attesti la conformità all’ originale.
Art. 5.
(Procedimento)
l. Il giudice, se la proposta soddisfa i requisiti previsti dagli articoli 2 e 4, fissa con decreto l’udienza, disponendo la comunicazione ai creditori presso la residenza o la sede legale, anche pertelegramma o per lettera raccomandata con avviso di ricevimento o per telefax o per posta elettronica certificata, della proposta e del decreto contenente l’avvertimento dei provvedimenti che egli può adottare ai sensi del comma 3 del presente articolo.
2. Con il decreto di cui al comma l, il giudice dispone idonea forma di pubblicità della proposta e del decreto, nonché, nel caso in cui il proponente svolga attività d’impresa, la pubblicazione degli stessi in apposita sezione del registro delle imprese.
3. All’udienza il giudice, in assenza di iniziative o atti in frode ai creditori, dispone che, per non oltre centoventi giorni, non possono, sotto pena di nullità, essere iniziate o proseguite azioni esecutive individuali né disposti sequestri conservativi né acquistati diritti di prelazione sul patrimonio del debitore che ha presentato la proposta di accordo, da parte dei creditori aventi titolo o causa anteriore. La sospensione non opera nei confronti dei titolari di crediti impignorabili.
4. Durante il periodo previsto dal comma 3, le prescrizioni rimangono sospese e le decadenze non si verificano.
5. Le procedure esecutive individuali possono essere sospese ai sensi del comma 3 per una sola volta, anche in caso di successive proposte di accordo.
6. Si applicano, in quanto compatibili, gli articoli 737 e seguenti del codice di procedura civile, ma il tribunale provvede in composizione monocratica. Il reclamo si propone al tribunale e del collegio non può far parte il giudice che ha pronunciato il provvedimento.
Art. 6.
(Raggiungimento dell’accordo)
1. I creditori fanno pervenire, anche per telegramma o per lettera raccomandata con avviso di ricevimento o per telefax o per posta elettronica certificata, all’organismo di composizione della crisi, dichiarazione sottoscritta del proprio consenso alla proposta, come eventualmente modificata.
2. Ai fini dell’omologazione di cui all’articolo 7, è necessario che l’accordo sia raggiunto con i creditori che rappresentano almeno il settanta per cento dei crediti. Nei casi di sovraindebitamento del consumatore ai fini dell’omologazione è sufficiente che l’accordo sia raggiunto con i creditori che rappresentano almeno il cinquanta per cento dei crediti.
3. L’accordo non pregiudica i diritti dei creditori nei confronti dei coobbligati, fideiussori del debitore e obbligati in via di regresso.
4. L’accordo non determina la novazione delle obbligazioni, salvo che sia diversamente stabilito.
5. L’accordo è revocato di diritto se il debitore non esegue integralmente, entro novanta giorni dalle scadenze previste, i pagamenti dovuti alle Agenzie fiscali e agli enti gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatorie.
Art. 7.
(Omologazione dell’accordo)
1. Se l’accordo è raggiunto, l’organismo di composizione della crisi trasmette ai creditori una relazione sui consensi espressi e sul raggiungimento della percentuale di cui all’articolo 6, comma 2, allegando il testo dell’accordo stesso. Nei dieci giorni successivi al ricevimento della relazione, i creditori possono sollevare contestazioni. Decorso tale termine, l’organismo di composizione della crisi trasmette al giudice la relazione, allegando le contestazioni ricevute, nonché un’attestazione definitiva sulla fattibilità del piano.
2. Verificato il raggiungimento dell’accordo con la percentuale di cui all’articolo 6, comma 2, verificata l’idoneità ad assicurare il pagamento dei creditori estranei e risolta ogni altra contestazione, il giudice omologa l’accordo e ne dispone la pubblicazione utilizzando tutte le forme di cui all’articolo 5, con1ma 2. Si applicano, in quanto compatibili, gli articoli 737 e seguenti del codice di procedura civile, ma il tribunale provvede in composizione monocratica. Il reclamo, anche avverso il provvedimento di diniego, si propone al tribunale e del collegio non può far parte il giudice che ha pronunciato il provvedimento.
3. Dalla data di omologazione ai sensi del comma 2 e per un periodo non superiore a un anno, l’accordo produce gli effetti di cui all’articolo 5, comma 3.
4. Gli effetti di cui al comma 3 vengono meno in caso di risoluzione dell’accordo o di mancato pagamento dei creditori estranei. L’accertamento del mancato pagamento dei creditori estranei è chiesto al giudice con ricorso. Si procede ai sensi degli articoli 737 e seguenti del codice di procedura civile.
5. La sentenza di fallimento pronunciata a carico del debitore risolve l’accordo.
Art. 8.
(Esecuzione dell ‘accordo)
1. Se per la soddisfazione dei crediti sono utilizzati beni sottoposti a pignoran1ento ovvero se previsto dall’accordo, il giudice nomina un liquidatore che dispone in via esclusiva degli stessi e delle somme incassate.
2. L’organismo di composizione della crisi risolve le difficoltà insorte nell’ esecuzione dell’accordo e vigila sull’esatto adempimento dello stesso, comunicando ai creditori ogni eventuale irregolarità. Sulle contestazioni che hanno ad oggetto la violazione di diritti e sulla sostituzione del liquidatore per giustificati motivi decide il giudice investito della procedura.
3. Il giudice, sentito il liquidatore e verificata la conformità dell’atto dispositivo all’accordo e al piano, anche con riferimento alla possibilità di pagamento dei creditori estranei, autorizza lo svincolo delle somme e ordina la cancellazione della trascrizione del pignoramento, delle iscrizioni relative ai diritti di prelazione, nonché di ogni altro vincolo.
4. I pagamenti e gli atti dispositivi dei beni posti in essere in violazione dell’accordo e del piano sono nulli.
Art. 9.
(Impugnazione e risoluzione dell ‘accordo)
1. L’accordo può essere annullato dal tribunale su istanza di ogni creditore, in contraddittorio con il debitore, quando è stato dolosamente aumentato o diminuito il passivo, ovvero sottratta o dissimulata una parte rilevante dell’ attivo ovvero dolosamente simulate attività inesistenti. Non è ammessa alcuna altra azione di annullamento.
2. Se il proponente non adempie regolarmente alle obbligazioni derivanti dall’accordo, se le garanzie promesse non vengono costituite o se l’esecuzione dell’accordo diviene impossibile per ragioni non imputabili al debitore, ciascun creditore può chiedere al tribunale la risoluzione dello stesso.
3. Il ricorso per la risoluzione è proposto, a pena di decadenza rilevabile d’ufficio, entro un anno dalla scadenza del termine fissato per l’ultimo adempin1ento previsto dall’accordo.
4. L’annullamento e la risoluzione dell’accordo non pregiudicano i diritti acquistati dai terzi in buona fede.
5. Nei casi previsti dai commi 1 e 2, si applicano, in quanto con1patibili, gli articoli 737 e seguenti del codice di procedura civile, ma il tribunale provvede in con1posizione monocratica.
Art. 10.
(Organismi di composizione della crisi)
1. Gli enti pubblici possono costituire organismi per la composizione delle crisi da sovraindebitamento con adeguate garanzie di indipendenza e professionalità.
 2. Gli organismi di cui al comma 1 sono iscritti in un apposito registro tenuto presso il Ministero della giustizia.
 3. Il Ministro della giustizia determina i requisiti, i criteri e le modalità di iscrizione nel registro di cui al comma 2, con regolamento da adottare ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto. Con lo stesso decreto sono disciplinate la formazione dell’elenco e la sua revisione, l’iscrizione, la sospensione e la cancellazione degli iscritti, nonché la determinazione delle indennità spettanti agli organismi di cui al comma 4, a carico dei soggetti che ricorrono alla procedura. Nel caso di sovraindebitamento del consumatore le stesse indennità sono ridotte della metà.
4. Gli organismi di mediazione costituiti presso le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, il segretariato sociale costituito ai sensi dell’articolo 22, comma 4, lettera a), della legge 8 novembre 2000, n. 328, gli ordini professionali degli avvocati, dei commercialisti ed esperti contabili e dei notai sono iscritti di diritto, a semplice domanda, nel registro di cui al comma 2.
5. Dalla costituzione degli organismi indicati al comma 1 non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, e le attività degli stessi devono essere svolte nell’ ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
6. L’organismo di composizione della crisi, oltre a quanto previsto dagli articoli 6, 7 e 8, assume ogni iniziativa funzionale alla predisposizione del piano di ristrutturazione, al raggiungimento dell’accordo, e all’esecuzione dello stesso.
7. Lo stesso organismo verifica la veridicità dei dati contenuti nella proposta e nei documenti allegati, attesta la fattibilità del piano ai sensi dell’articolo 4, comma 2, e trasmeette al giudice la relazione sui consensi espressi e sulla maggioranza raggiunta ai sensi dell’ articolo 7, comma 1.
8. L’organismo esegue la pubblicità della proposta e delI’ accordo, ed effettua le comunicazioni disposte dal giudice nell’ambito del procedimento previsto dagli articoli 5, 6 e 7.
 Art. 11.
(Accesso alle banche dati pubbliche)
l. Per lo svolgimento dei compiti e delle attività previsti dal presente decreto, il giudice e, previa autorizzazione di quest’ultimo, gli organismi di cui all’articolo 10 possono accedere ai dati contenuti nell’anagrafe tributaria, nei sistemi di informazioni creditizie, nelle centrali rischi e nelle altre banche dati pubbliche, nel rispetto delle disposizioni contenute nel codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196.
2. I dati personali acquisiti per le finalità di cui al comma l possono essere trattati e conservati per i soli fini e tempi della procedura e devono essere distrutti contestualmente alla sua conclusione o cessazione. Dell’avvenuta distruzione è data comunicazione al titolare dei suddetti dati, tramite lettera raccomandata con avviso di ricevimento o tramite posta elettronica certificata, non oltre quindici giorni dalla distruzione medesima.
Art. 12.
(Disposizioni transitorie)
1. I compiti e le funzioni attribuiti agli organismi di composizione della crisi possono essere svolti anche da un professionista o da una società tra professionisti in possesso dei requisiti di cui all’articolo 28 del regio decreto 16 Inarzo 1942, n. 267, e successive modificazioni, ovvero da un notaio, nominati dal presidente del tribunale o dal giudice da lui delegato. Con decreto del Ministro della giustizia sono stabilite, in considerazione del valore della procedura, le tariffe applicabili all’attività svolta dai professionisti, da porre a carico dei soggetti che ricorrono alla procedura. Nel caso di sovraindebitamento del consumatore le stesse indennità sono ridotte della metà.

COMMENTO:

Il nuovo strumento della composizione della crisi da sovraindebitamento permette ai soggetti privati (consumatori) ed ai piccoli imprenditori  non rientranti nella disciplina fallimentare, di predisporre una accordo di adempimento delle obbligazioni senza che il nuovo strumento abbia valenza concorsuale né, quindi, alcuna efficacia obbligatoria nei confronti dei soggetti che non partecipino all’accordo.
I dubbi maggiori della nuova normativa riguardano proprio l’effettiva possibilità di esdebitazione, dato che il meccanismo utilizzato non prevede effetti remissori nei confronti dei soggetti estranei all’accordo.
Il debitore che voglia accedere al nuovo istituto dovrà depositare presso il tribunale competente una proposta di accordo che preveda la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei crediti attraverso qualsiasi forma, sulla base di un piano che assicuri il regolare pagamento dei creditori estranei all’accordo. Per questi ultimi è possibile, peraltro, prevedere una moratoria fino ad un anno, purché il piano assicuri il loro pagamento alla scadenza. Il piano, inoltre, potrà prevedere anche l’affidamento a un fiduciario del patrimonio del debitore per la sua custodia e liquidazione e per la distribuzione del ricavato ai creditori.
Oltre alla proposta di accordo, il debitore dovrà depositare l’elenco dettagliato dei propri debiti, una descrizione del suo patrimonio e l’elenco degli atti di disposizione compiuti negli ultimi cinque anni, unitamente alle dichiarazioni dei redditi degli ultimi tre anni. Il piano dovrà essere attestato e corredato dall’elenco delle spese correnti necessarie al sostentamento suo e della sua famiglia. Il piccolo imprenditore dovrà produrre anche le scritture contabili dell’ultimo triennio.
Potrebbe altresì essere necessario l’intervento di soggetti terzi che possano garantire, con il loro patrimonio, l’adempimento delle obbligazioni derivanti dall’accordo, nonché il pagamento di tutti i creditori estranei.
Per l’omologazione dell’accordo, è necessaria l’adesione di almeno il 70% dei creditori; il quorum si riduce al 50% qualora il debitore sia qualificabile come consumatore. Nella fase delle trattative il tribunale, valutata la serietà della proposta del debitore, può disporre in via cautelare la protezione del suo patrimonio da azioni esecutive, sequestri conservativi o iscrizioni ipotecarie per un periodo massimo di 120 giorni.
Nell’ambito di questa nuova procedura appare determinante il ruolo degli organismi di composizione della crisi, che dovranno essere iscritti in un apposito Registro tenuto presso il Ministero della Giustizia. Questa figura è l’elemento centrale dell’istituto, dovendo affiancare il debitore nella predisposizione e attestazione del piano di ristrutturazione, raccogliere le adesioni dei creditori e persino risolvere le difficoltà nell’esecuzione dell’accordo, vigilando sul suo adempimento e segnalando ai creditori eventuali irregolarità. 

martedì 8 novembre 2011

LA PRELAZIONE COMMERCIALE:


Con l’espressione “prelazione urbana commerciale” s’identifica la prelazione collegata al rapporto di locazione avente per oggetto una costruzione urbana ad uso commerciale, previsto da un lato dall’art. 38 della legge 27 luglio 1978, n. 392.
La ratio di tale prelazione legale è quella di favorire la tutela dell’avviamento commerciale, come clientela ed agevolare, nel contempo, il modo d'essere di una determinata zona attraverso il mantenimento degli esistenti punti di vendita.

Pertanto, quando il proprietario del bene immobile locato ad uso commerciale intende procedere alla vendita del proprio fondo, ai sensi di legge, è tenuto a comunicare al conduttore (per mezzo della denunciatio) tale sua intenzione permettendogli così di esercitare il proprio diritto di prelazione.
L’art. 38, primo comma della legge 392 del 1978 dispone che la comunicazione del locatore al conduttore va data con atto notificato a mezzo ufficiale giudiziario, nella comunicazione devono essere indicati:
a) il corrispettivo;
b) le altre condizioni concernenti la compravendita;
c) l’invito ad esercitare la prelazione.

LA NATURA DELLA COMUNICAZIONE (DENUNCIATIO) E LA GIURISPRUDENZA:
Le Sezioni Unite della Cassazione sono intervenute per risolvere i compositi contrasti interpretativi insorti in ordine alla natura della denuntiatio (che il locatore intenzionato ad alienare l’immobile deve comunicare al conduttore, ex 1° comma dell’art. 38) e degli effetti immediati che da un lato la stessa denuntiatio e, dall’altro, l’esercizio della prelazione, producono (v. sent. 4 dicembre 1989 n. 5359, Foro it., 1990, I, 1563).

Le Sezioni unite hanno enunciato i seguenti principi:

a) La denuntiatio prevista dall’art. 38, 1° comma, l. 392/78 a carico del locatore che intenda trasferire a titolo oneroso l’immobile locato ad uso diverso dall’abitazione, non costituisce una proposta contrattuale di vendita rivolta al conduttore, e neppure mera informativa di generici intenti destinata ad avviare trattative tra le parti, ma è un atto dovuto di interpello, vincolato nella forma (ma v., nel senso che costituisce valido equipollente della notifica a mezzo di ufficiale giudiziario la consegna a mezzo di lettera raccomandata, Cass. 12689/91, Foro it., 1992, I, 2451) e nel contenuto, diretto a mettere il conduttore in condizione di esercitare il diritto di prelazione, sempre che di tale diritto esistano i presupposti (altrimenti sia la denuntiatio sia l’esercizio della prelazione rimangono privi di effetto ai fini dell’art. 38: cfr., con riferimento al caso in cui debba escludersi la titolarità del diritto di prelazione in capo al soggetto che ha ricevuto la denuntiatio, Cass. 1661/90, Foro it., 1991, I, 569, e Cass. 1909/91, Nuova giur. civ., 1992, I, 20);

b) che l’esercizio della prelazione da parte dell’avente diritto non costituisce, quindi, accettazione di una proposta contrattuale, né comunque produce l’immediato trasferimento della proprietà dell’immobile locato, ma comporta il sorgere, per entrambe le parti, dell’obbligo legale di addivenire, entro un preciso termine (art. 38, 4° comma), alla conclusione del previsto contratto (definitivo o preliminare) di compravendita, con contestuale pagamento del prezzo da parte del conduttore prelazionante;

c) che il locatore, una volta comunicata la denuntatio di cui all’art. 38, 1° comma, rimane vincolato fino al termine dalla legge concesso al conduttore per l’esercizio della prelazione, in attesa della determinazione dell’avente diritto, e non può quindi revocare la denuntiatio né in pendenza del termine suddetto, né – a maggior ragione – dopo che il conduttore abbia esercitato il diritto di prelazione;

d) che, esercitata la prelazione ai sensi dell’art. 38, 3° comma, il locatore alienante ed il conduttore prelazionante, sono reciprocamente tenuti ex lege alla stipulazione del contratto (preliminare o definitivo) di vendita, possono avvalersi della esecuzione in forma specifica contemplata dall’art. 2932 cod. civ., ove ne ricorrano tutte le condizioni.


L’ESERCIZIO DEL DIRITTO DI PRELAZIONE:
L’art. 38 della legge n. 392 del 1978 dispone che il conduttore deve esercitare il diritto di prelazione entro il termine di sessanta giorni dalla ricezione della comunicazione, con atto notificato al proprietario a mezzo di ufficiale giudiziario o mediante forme equipollenti, offrendo condizioni uguali a quelle comunicategli.
Quando il diritto di prelazione sia esercitato, il versamento del prezzo di acquisto, salvo diversa condizione indicata nella comunicazione del locatore, deve essere effettuato entro il termine di trenta giorni decorrenti dal sessantesimo giorno successivo a quello dell’avvenuta notificazione della comunicazione da parte del proprietario, contestualmente alla stipulazione del contratto di compravendita o del contratto preliminare.
Pertanto il contratto di vendita tra le parti dovrà avvenire proprio entro tale termine (30 giorni decorsi i 60 giorni dalla denunciatio).

LA TUTELA DEL DIRITTO DI PRELAZIONE:
Il retratto o riscatto è il rimedio tipico previsto per l’ipotesi di violazione della prelazione.
Il diritto di riscatto è il diritto del conduttore di subentrare al terzo acquirente del bene immobile in caso di mancata osservanza delle norme sulla prelazione.
Queste le caratteristiche:
a) è un diritto potestativo del retraente;
b) si estrinseca in una dichiarazione unilaterale recettizia.

Il retratto si ha in tutte le seguenti ipotesi:
a) omessa comunicazione dell'intento di alienare;
b) vendita a condizioni diverse;
c) vendita a terzi dell'immobile locato nonostante l'esercizio del diritto di prelazione da parte del conduttore;
d) nel caso in cui la stipulazione dell'atto di vendita con il terzo sia stata effettuata in data successiva e diversa da quella indicata nella "denuntiatio";

L'esercizio del diritto di riscatto ha come effetto, la sostituzione "ex tunc" ( effetto retroattivo) del conduttore al terzo nella stessa posizione che questi aveva nel negozio concluso, sulla base della propria dichiarazione unilaterale recettizia.
La dichiarazione va presentata nel termine legale di decadenza di sei mesi, che decorre dalla data della trascrizione dell’atto di vendita in favore del terzo.
Detta dichiarazione va espressa o con atto stragiudiziale, oppure mediante atto di citazione a giudizio.

Per qualsiasi consulenza in merito all’esercizio del diritto di prelazione non esitare a chiedere una consulenza, contattandomi via e-mail.








lunedì 7 novembre 2011

REVOCA DELLA DONAZIONE PER INGRATITUDINE


Ai sensi dell’art. 801 c.c. la donazione può essere revocata per ingratitudine soltanto in quattro distinte ipotesi e cioè quando il donatario:

1)    abbia commesso uno dei gravi delitti indicati ai n.1, 2 e 3 dell’art. 463 c.c., ipotesi di indegnità a succedere, omicidio o tentato omicidio dell'ereditando (donante) o del di lui coniuge, di un discendente o un ascendente (sempre che non ricorra il caso fortuito o la forza maggiore o una delle cause che escludono la punibilità); un fatto al quale la legge dichiara applicabili le disposizioni sull'omicidio; l'aver denunziato calunniosamente una delle dette persone per reato punibile con l'ergastolo o con la reclusione per un tempo non inferiore nel minimo a tre anni;
2)    abbia arrecato grave pregiudizio al patrimonio del donante con la propria condotta dolosa;
3)    abbia omesso di prestare allo stesso gli alimenti, qualora ne sussistano i presupposti di fatto;
4)    si sia reso colpevole di ingiuria grave nei confronti di quest’ultimo;

La revoca della donazione per ingratitudine costituisce una delle tassative cause di scioglimento del contratto di donazione «ammesse dalla legge», così come previsto genericamente dall’articolo 1372 c.c.
Eccezionalmente, il legislatore considera giuridicamente rilevanti, dopo la stipulazione della donazione, determinati fatti che, se esistiti prima della donazione, avrebbero chiaramente influito sulla volontà del donante, facendolo quindi desistere dal donare o, comunque, determinandolo a decidere diversamente.

Sorge allora un diritto potestativo, ad esercizio giudiziale, verificandosi tali elementi in capo al donante, con possibilità di scegliere se mantenere in vita oppure revocare la donazione ottenendone pertanto la cessazione degli effetti.
La domanda giudiziale di revoca della donazione per ingratitudine non può essere introdotta se è trascorso un anno dal momento in cui si è presa conoscenza del fatto integrante la fattispecie d'ingratitudine.


La giurisprudenza di legittimità ravvisa quale presupposto della revocazione il comportamento del donatario, successivo alla donazione, con il quale si rechi all'onore ed al decoro del donante un'offesa suscettibile di ledere gravemente il patrimonio morale della persona. In tale condotta si rileva un sentimento di avversione che manifesta tale ingratitudine verso colui che ha beneficato l'agente, tale da ripugnare la coscienza comune.


La Cassazione con la Sentenza del 28 maggio 2008, n. 14093 ha stabilito che costituisce ingiuria grave l'atteggiamento complessivamente adottato, menzognero e irriguardoso verso il marito, all'insaputa del quale la ricorrente si univa con l'amante nell'abitazione coniugale.
Se la moglie tradisce il marito con uno più giovane nello stesso letto, è possibile applicare la revocazione della donazione per ingratitudine. Costituisce ingiuria grave, presupposto della revocazione - non tanto il fatto che la ricorrente, la quale all’età di trentasei anni, già madre di tre figli, aveva intessuto una relazione con un ventritreenne, protrattasi clandestinamente per vari anni e sfociata nell’abbandono della famiglia per convivere con il nuovo compagno, quanto l’atteggiamento complessivamente adottato, menzognero e irriguardoso verso il marito, all’insaputa del quale la ricorrente si univa con l’amante nell’abitazione coniugale.


Recentemente la Cassazione, chiamata nuovamente a decidere un nuovo caso di revoca della donazione per ingratitudine, con la sentenza 22936/2011 ha condiviso il giudizio della Corte di appello di Roma, che aveva identificato l'ingratitudine della donna - alla base della revocazione della donazione - proprio nel fatto che ella aveva portato avanti negli anni una relazione adulterina, anche dunque dopo essersi sposata e aver ricevuto abbondanti regali, fino ad abbandonare il marito per l'amante, in un momento in cui egli risultava bisognoso di assistenza. In tal senso è stato determinante l’abbandono nel momento del bisogno.

Diversamente la Cassazione con la sentenza 31 marzo 2011, n. 7487, ha ritenuto che non ricorresse una giusta causa di revoca della donazione per ingratitudine il comportamento della donataria la quale, stante la situazione di conflittualità tra i genitori donanti, chieda ad uno di questi di abbandonare l'abitazione acquistata con il denaro ottenuto dalla liberalità paterna e materna.

Per qualsiasi chiarimento o consulenza in merito alla revoca della donazione per ingratitudine non esitare a contattarmi via e-mail.