Il disegno di legge Cirinnà è una proposta che per la prima volta in
Italia riconosce diritti e doveri delle coppie omosessuali che vogliono unirsi
civilmente e delle coppie eterosessuali e omosessuali che non vogliono
sposarsi, ma solo registrare la loro convivenza.
In attesa della conferma alla
Camera ecco alcuni chiarimenti sul disegno di legge approvato al Senato.
L’UNIONE CIVILE:
Definisce il rapporto tra due
persone maggiorenni, dello stesso
sesso, che vogliano organizzare la loro vita in comune.
La legge inserisce nel diritto di
famiglia un nuovo istituto specifico per le coppie omosessuali, chiamandolo “unione civile”, diverso dal matrimonio
regolato dall’articolo 29 della costituzione, ma che si può equiparare a quest’ultimo
per diritti e doveri previsti.
Per stipulare un’unione civile,
le due persone devono essere maggiorenni e recarsi con due testimoni da un
ufficiale di stato civile, il quale provvede alla registrazione. Le due persone
che hanno contratto l’unione civile devono dichiarare il regime patrimoniale
vogliono (comunione legale o separazione dei beni), un indirizzo di residenza
comune e possono assumere un cognome comune che può anche sostituire o
affiancare quello da celibe o nubile.
Non possono contrarre l’unione
civile:
- persone già sposate o che hanno
già contratto un’unione civile;
- persone a cui è stata
riconosciuta un’infermità mentale o persone che tra loro sono parenti.
Come nel matrimonio, le parti
acquistano gli stessi diritti e assumono gli stessi doveri: hanno l'obbligo
reciproco all'assistenza morale e materiale, alla coabitazione ed entrambi sono
tenuti a contribuire ai bisogni comuni, in base alle proprie possibilità; entrambi
concordano l'indirizzo della vita familiare e la residenza comune, esattamente
come avviene per le coppie sposate; in assenza di indicazioni diverse, si
applica la comunione dei beni.In caso di morte la parte dell’unione civile
ancora in vita ha diritto all'eredità, alla pensione di reversibilità.
In merito alla cessazione dell’unione
la stessa si scioglie quando le parti hanno manifestato anche disgiuntamente la
volontà di scioglimento davanti all'ufficiale di stato civile. In tal caso la
domanda di scioglimento dell’unione è proposta decorsi tre mesi dalla data di
manifestazione di volontà di scioglimento dell’unione. Si fa presente sul punto
che nel caso delle unioni civili ( diversamente dal matrimonio) è stato
previsto un vero e proprio divorzio breve, senza previa separazione ed in tempi
brevissimi. In questo punto le unioni civili rispetto al matrimonio sono
davvero innovative!
In ogni modo si applicano allo
scioglimento delle unioni le disposizioni in materia di divorzio, come
espressamente richiamate dal disegno di legge, con la possibilità di vedere
riconosciuto ad uno dei due partner il diritto di mantenimento, tenendo conto
delle condizioni dei due uniti.
LE CONVIVENZE DI FATTO:
Con il termine convivenze di
fatto, si fa riferimento a tutte le coppie formate da due persone maggiorenni (sia etero che omosessuali) non
legate da vincoli giuridici ma da un legame affettivo e che possono regolare i
propri rapporti patrimoniali attraverso un "contratto di convivenza".
Il fine di questa
regolamentazione è quello di concedere alle coppie conviventi i diritti
basilari per l’assistenza reciproca, riconoscendoli quindi come un’unione di
fatto meritevole di tutela giuridica.
Il contenuto del contratto è
sostanzialmente libero: le parti possono indicare i rispettivi obblighi e
diritti come, ad esempio, le modalità di cooperazione e collaborazione ai
bisogni della convivenza. Inoltre dovranno regolare il regime patrimoniale,
optando per la comunione dei beni o la separazione. Inoltre potranno stabilire
quanto dello stipendio va nella cassa comune o quali spese sostiene l’uno o
l’altro dei conviventi. Si possono sottoscrivere in qualsiasi momento della
convivenza e possono anche definire rapporti patrimoniali in caso di cessazione
del rapporto, evitando discussioni e rivendicazioni al momento della rottura.
I conviventi assumono solo alcuni dei diritti e dei
doveri riconosciuti alle coppie sposate: l'assistenza ospedaliera,
penitenziaria e gli alimenti a fine convivenza (nel caso in cui uno dei due non
sia in grado di provvedere al proprio mantenimento).
Inoltre:
se il proprietario della casa di comune residenza muore, il convivente ha diritto a continuare ad abitare nella stessa casa per due anni o per un periodo pari alla convivenza se superiore ai due anni e comunque non oltre i cinque anni;
se l'intestatario del contratto di affitto della
casa di comune residenza muore o dovesse recedere dal contratto di locazione
dalla casa di comune residenza, il convivente di fatto può succedere nel
contratto;Inoltre:
se il proprietario della casa di comune residenza muore, il convivente ha diritto a continuare ad abitare nella stessa casa per due anni o per un periodo pari alla convivenza se superiore ai due anni e comunque non oltre i cinque anni;
se il convivente di fatto presta abitualmente la propria opera all’interno dell’impresa dell’altro convivente ha diritto ad una partecipazione agli utili dell’impresa familiare ed ai beni acquistati con essi, nonché agli incrementi dell’azienda, commisurata al lavoro prestato. Questo diritto non è valido invece se tra i conviventi vi sia un rapporto di società o di lavoro subordinato. In caso di morte di uno dei conviventi causato da un fatto illecito di un terzo, il superstite viene equiparato al coniuge nell’individuazione del danno risarcibile.
se la convivenza finisce ed uno dei coniugi si trova in uno stato di difficoltà economica, il giudice può inoltre stabilire che l’ex partner lo sostenga economicamente per un periodo proporzionale alla durata della convivenza.
Il contratto di convivenza si
risolve per:
accordo delle parti;recesso unilaterale;
matrimonio o unione civile tra i conviventi o tra un convivente ed altra persona;
morte di uno dei contraenti;
La risoluzione del contratto
di convivenza può avvenire pertanto anche per volontà di uno solo dei due
partner, volontà a cui l’altro non può opporsi.
Nel caso di rottura della
convivenza non c’è l’obbligo di versare l’assegno di mantenimento, ma
solo quello degli alimenti nel caso di stretta necessità economica del compagno
e comunque per un periodo di tempo proporzionale alla durata della convivenza.
Nel caso di recesso unilaterale
da un contratto di convivenza se la casa familiare è nella disponibilità
esclusiva del recedente la dichiarazione di recesso a pena di nullità deve
contenere il termine non inferiore a novanta giorni concesso al convivente per
lasciare l’abitazione.
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Se il presente
disegno legge dovesse venire confermato alla Camera le fattispecie “del vivere insieme” saranno varie e
variopinte e qui riassunte:
– il matrimonio: è la tradizionale unione tra un uomo e una
donna, regolata dal codice civile e dalle leggi speciali sul diritto di
famiglia.
– le unioni civili: sono le unioni tra omosessuali. L’insieme
dei diritti e dei doveri è molto simile alla tutela prevista per le coppie
sposate se non per alcune differenze (come
l’obbligo della fedeltà);
– i contratti di convivenza: sono le unioni tra soggetti
maggiorenni sia etero che omosessuali, ma che hanno preferito di non passare per
il matrimonio tradizionale o per le unioni civili, predisponendo un contratto
di convivenza che ha tutele inferiori rispetto al matrimonio o alle unioni
civili ma che garantisce alcuni diritti e tutele.
Resta fermo che i soggetti
conviventi sono liberi di scegliere se siglare o meno un contratto di
convivenza, che quindi non costituisce un obbligo.
Aspettando Godot ……………………………