L'art. 687 c.c. stabilisce che
le disposizioni sia a titolo universale sia a titolo particolare, fatte da chi
al tempo del testamento non aveva oppure ignorava di avere figli o discendenti
sono revocate di diritto per l'esistenza o la sopravvenienza di un figlio o
discendente del testatore, benché postumo anche adottivo, ovvero per il riconoscimento
di un figlio naturale.
La fattispecie legale della revocazione di diritto riguarda sia il caso in cui il testatore non aveva discendenza al
tempo del testamento, sia l'ipotesi in cui la discendenza c'era già, ma egli ne
ignorava l'esistenza.
La disposizione in esame, secondo l'orientamento prevalente
non si applica per il caso del testamento redatto dal de cuius che, al
momento della sua predisposizione, già avesse figli, dei quali fosse nota
l'esistenza, e sia sopraggiunto un altro figlio.
Se il testatore aveva già avuto dei figli dei quali gli era
nota l'esistenza al tempo della redazione del testamento e ne siano,
successivamente, sopraggiunti degli altri, la revoca non è operante.
Ne deriva che è preclusa l'applicazione in via analogica
alla fattispecie di figlio sopraggiunto dopo la redazione del testamento
effettuata in presenza di altri figli.
L'eccezionalità dell'art. 687 c.c. si giustifica per due
ragioni: da un lato, esso dà luogo a una fattispecie di inefficacia
sopravvenuta di un negozio; dall'altro, esso pone una deroga al principio della
prevalenza della successione testamentaria su quella legittima, valorizzato
dall'art. 457 c.c., secondo cui non si fa luogo alla successione legittima se
non quando manca in tutto o in parte quella testamentaria.
La dichiarazione giudiziale di paternità anche se
intervenuta dopo la morte del de cuius comporta la revocazione del testamento
per sopravvenienza di figli.In tema di revocazione del testamento
per sopravvenienza di figli, il disposto dell'art. 687 c.c., comma 1, ha un
fondamento oggettivo, riconducibile alla modificazione della situazione
familiare rispetto a quella esistente al momento in cui il de cuius ha disposto
dei suoi beni, sicché, dovendo ritenersi che tale modificazione sussista non
solo quando il testatore riconosca un figlio ma anche quando venga esperita nei
suoi confronti vittoriosamente l'azione di accertamento della filiazione, il
testamento è revocato anche nel caso in cui si verifichi il secondo di tali
eventi in virtù del combinato disposto dell'art. 277 c.c., comma 1, e art. 687
c.c., senza che abbia alcun rilievo che la dichiarazione giudiziale di
paternità o la proposizione della relativa azione intervengano dopo la morte
del de cuius, né che quest'ultimo, quando era in vita, non abbia voluto
riconoscere il figlio, pur essendo a conoscenza della sua esistenza.
La pronunzia in esame
conferma il recente orientamento assunto dalla giurisprudenza di legittimità,
secondo cui la dichiarazione giudiziale di paternità (nel caso di
specie, intervenuta, fra l'altro, dopo la morte del de
cuius) comporta la revocazione del testamento per sopravvenienza di
figli, nonostante l'art. 687
c.c. faccia riferimento alla sola e differente fattispecie di
riconoscimento di figlio naturale.
La ratio della revocazione, ex art. 687 c.c., delle disposizioni, a
titolo universale o particolare, va individuata nell'esigenza di tutelare i
figli del disponente.
L'art. 687
c.c. realizza
a favore dei legittimari un risultato ulteriore rispetto a quello che questi
potrebbero conseguire con la semplice azione di riduzione.
Infatti, la disciplina della riserva non contempla
l'inefficacia totale delle disposizioni del de cuius,
ma la sola riduzione di quelle lesive per i legittimari.
Per consulenza legale scrivere al seguente indirizzo mail: avv.chiaraconsani@gmail.com
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