venerdì 14 marzo 2014

Recesso unilaterale da contratto di locazione per crisi economica

Come noto, il recesso dai contratti di locazione degli immobili ad uso commerciale è disciplinato dagli ultimi due commi dell’art. 27 della legge n° 392 del 1978.

Tale legge prevede la facoltà delle parti di inserire nel contratto, clausole che diano la possibilità per il conduttore di poter recedere dal contratto, senza obbligo di motivazione, con un preavviso di mesi sei da effettuarsi a mezzo lettera raccomanda r.r..

Tuttavia, in assenza di una tale pattuizione, nel silenzio delle parti, l’ultimo comma dell’art. 27 prevede che il conduttore, solo per gravi motivi, possa recedere in qualsiasi momento dal contratto con preavviso di almeno sei mesi da comunicarsi sempre con lettera raccomandata r.r..

 Definire oggettivamente i “gravi motivi” è compito arduo, perché si offre la possibilità al Giudice del merito un ampia casistica di valutazione, che non sempre corrisponde con le desiderata delle parti.

La recente sentenza n° 549 del 17.01.2012 della Cassazione Civile, ha negato che la generica crisi economica eccepita, fosse “grave motivo” invocato per il recesso.

La Suprema Corte ha motivato sul punto, come i  gravi motivi debbano ricercarsi in fatti involontari, imprevedibili e sopravvenuti alla costituzione del rapporto contrattuale,  ed essere tali da rendere oltremodo gravosa per il conduttore, sotto il profilo economico, la prosecuzione della locazione.

In buona sostanza, poiché la legge n° 392/1978 tutela l’interesse di entrambe le parti alla prosecuzione del contratto, risulta necessario che la parte recedente giustifichi la richiesta chiarendo quali siano di fatto “gravi motivi” che come anzidetto debbono essere estranei, imprevedibili e sopravvenuti alla stipula del contratto.

Ora, pur essendo pacifico che la crisi economica che sta investendo il nostro paese ben possa essere considerata estranea (al rapporto), imprevedibile e sopravvenuta, tuttavia il locatore deve essere messo nella possibilità di contestare gli assunti di colui che intenderebbe esercitare il recesso, che pertanto non possono essere generici , né possono derivare da situazioni soggettive quali l’opportunità di continuare ad utilizzare l’immobile oggetto di locazione, o la riduzione del volume d’affari. Altrimenti il rischio d’impresa ricadrebbe sul locatore.

Quindi, secondo la Suprema Corte, la crisi economica è un motivo generico e vago al fine di legittimare il recesso, se sfornita da altri motivi oggettivamente imprevedibili e sopravvenuti alla stipula del contratto, ben evidenziati ed eccepiti, tali da rendere oggettivamente gravoso la continuazione del rapporto contrattuale, talché il locatore possa eventualmente contestarli e su di essi instaurare un vero e proprio contraddittorio.

 

Avv. Alberto Consani

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