Tale legge prevede la facoltà
delle parti di inserire nel contratto, clausole che diano la possibilità per il
conduttore di poter recedere dal contratto, senza obbligo di motivazione, con
un preavviso di mesi sei da effettuarsi a mezzo lettera raccomanda r.r..
Tuttavia, in assenza di una tale
pattuizione, nel silenzio delle parti, l’ultimo comma dell’art. 27 prevede che
il conduttore, solo per gravi motivi, possa recedere in qualsiasi momento dal
contratto con preavviso di almeno sei mesi da comunicarsi sempre con lettera
raccomandata r.r..
Definire oggettivamente i “gravi motivi” è
compito arduo, perché si offre la possibilità al Giudice del merito un ampia
casistica di valutazione, che non sempre corrisponde con le desiderata delle
parti.
La recente sentenza n° 549 del
17.01.2012 della Cassazione Civile, ha negato che la generica crisi economica
eccepita, fosse “grave motivo” invocato per il recesso.
La Suprema Corte ha motivato sul
punto, come i gravi motivi debbano
ricercarsi in fatti involontari, imprevedibili e sopravvenuti alla costituzione
del rapporto contrattuale, ed essere
tali da rendere oltremodo gravosa per il conduttore, sotto il profilo
economico, la prosecuzione della locazione.
In buona sostanza, poiché la
legge n° 392/1978 tutela l’interesse di entrambe le parti alla prosecuzione del
contratto, risulta necessario che la parte recedente giustifichi la richiesta
chiarendo quali siano di fatto “gravi motivi” che come anzidetto debbono essere
estranei, imprevedibili e sopravvenuti alla stipula del contratto.
Ora, pur essendo pacifico che la
crisi economica che sta investendo il nostro paese ben possa essere considerata
estranea (al rapporto), imprevedibile e sopravvenuta, tuttavia il locatore deve
essere messo nella possibilità di contestare gli assunti di colui che
intenderebbe esercitare il recesso, che pertanto non possono essere generici ,
né possono derivare da situazioni soggettive quali l’opportunità di continuare
ad utilizzare l’immobile oggetto di locazione, o la riduzione del volume d’affari.
Altrimenti il rischio d’impresa ricadrebbe sul locatore.
Quindi, secondo la Suprema Corte,
la crisi economica è un motivo generico e vago al fine di legittimare il
recesso, se sfornita da altri motivi oggettivamente imprevedibili e
sopravvenuti alla stipula del contratto, ben evidenziati ed eccepiti, tali da
rendere oggettivamente gravoso la continuazione del rapporto contrattuale, talché
il locatore possa eventualmente contestarli e su di essi instaurare un vero e
proprio contraddittorio.
Avv. Alberto Consani
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