martedì 3 gennaio 2012

LA NATURA DELLA RESPONSABILITA’ DEL FALSUS PROCURATOR


L'art. 1398 c.c. contempla la figura del falsus procurator, cioè di colui che contratta come rappresentante senza averne i poteri.
“Colui che ha contrattato come rappresentante senza averne i poteri o eccedendo i limiti delle facoltà conferitegli, è responsabile del danno che il terzo contraente ha sofferto per avere confidato senza sua colpa nella validità del contratto”.
Si parla in tal caso di rappresentante senza potere perché la caratteristica tipica della rappresentanza, cioè la produzione diretta degli effetti nella sfera giuridica del rappresentato, presuppone la legittimazione del rappresentante ad agire in nome del dominus.
Per aversi rappresentanza senza potere è sempre necessaria la spendita del nome altrui da parte dell’agente (Cass. civ. n. 78/1993).
La ratio della responsabilità che sorge a carico del falsus procurator  nei confronti del terzo incolpevole va ricercata nell’esigenza di garantire uno svolgimento pacifico e lineare delle contrattazioni,  improntate ai principi di correttezza e diligenza di ambo le parti nello  svolgimento delle trattative negoziali.
Il rappresentante senza potere è responsabile del danno che il terzo contraente ha sofferto per aver confidato nella validità del contratto e che tale responsabilità postula la conclusione di un contratto idoneo a produrre effetti in capo al rappresentato in seguito alla ratifica del medesimo (Cass. civ. n. 8831/1990).
Si tratta, secondo attenta dottrina, di una tipica ipotesi di culpa in contraendo (Cass. civ. n. 10882/2006) che consente la risarcibilità del solo interesse negativo, cioè dei danni costituiti dalle spese sostenute, dalle occasioni perdute e dall’attività impiegata nelle trattative. Presupposti di tale responsabilità, considerata extra contrattuale (Cass. civ. n. 12969/2000), sono che il falsus procurator abbia stipulato un contratto con il terzo senza aver comunicato l’inesistenza della legittimazione ad agire in nome e per conto del rappresentato. Perché sussita il risarcimento dell’interesse negativo occorre altresì che il terzo contraente non abbia confidato per sua colpa nella validità del contratto stipulato con il falsus procurator.
Circa la natura del negozio concluso dal rappresentate senza potere  la tesi preferibile ritiene che esso sia meramente inefficace nei confronti del soggetto falsamente rappresentato. Non potrebbe infatti dirsi nullo poiché appunto idoneo ad essere ratificato (mentre la nullità non è suscettibile di essere sanata), neppure annullabile, perché comunque privo di efficacia interinale sia tra rappresentato e terzo, sia tra rappresentante e terzo (Cass. Civ., 1929/93; Cass. Civ., 2802/95; Cass. Civ., Sez. II, 21441/10).

****

La Corte di Appello di Firenze, Sezione II Civile sentenza n. 1689 dell’anno 2011 nuovamente torna a parlare di responsabilità del falsus procurator adeguandosi al sentito della giurisprudenza di Cassazione la quale qualifica la responsabilità ex art 1398 c.c. come responsabilità precontrattuale e prevedendo la risarcibilità dell’interesse negativo nel solo caso in cui il contraente abbia confidato senza sua colpa nella validità del negozio concluso con il rappresentate non legittimato.

La Vicenda Giudiziaria:

Si tratta di una vicenda nata in merito alla inefficacia di un negozio di transazione ed alla conseguente richiesta di risarcimento dei danni, tra la allora titolare della concessione del noto parco giochi Pitagora, presso Lido di Camaiore, e due degli allora assessori comunali.
La titolare della concessione ed i due assessori, in nome e per conto del Comune, mediante transazione si erano accordati ed avevano fissato la data di scadenza della concessione del Parco Pitagora, prevedendo altresì che il Comune avrebbe ottemperato al pagamento del valore delle attrezzature installate nel parco dalla stessa concessionaria.
Era accaduto però che Comune avesse rifiutato di provvedere al pagamento di tali attrezzature adducendo che la transazione non aveva alcun effetto vincolante per il Comune stesso, non essendo stato proceduto da alcuna deliberazione della Giunta Municipale né ratificato successivamente dal Sindaco.
La ex concessionaria citava allora in giudizio il Comune, ed Tribunale di Lucca con sentenza 649/94 rigettava la domanda, statuendo che “la transazione stipulata tra xxx ed il Comune di Camaiore non poteva essere ritenuta vincolante, essendo venuto meno un regolare iter amministrativo sfociante in una delibera della Giunta Comunale con la firma del Sindaco” precisando altresì “resta salva l’azione di risarcimento nei confronti dei due assessori firmatari della transazione a azione possibile di arricchimento senza causa del Comune”.

Giudizio di Primo Grado
La ex titolare della concessione del Parco Pitagora chiamava allora in giudizio i due assessori i quali, nello stipulare l’atto assicurando di disporre dei relativi poteri, avevano creato nell’attrice un legittimo affidamento che la aveva indotta a sottoscrivere la convenzione e ad eseguire gli impegni con essa assunti – perché fossero ritenuti personalmente responsabili e condannati a pagare la somma di  lire 163.861.000, indicata nella transazione ed a risarcire gli ulteriori danni subiti.
I convenuti assessori si costituivano in giudizio, separatamente, uno per mezzo dell’avv. Consani e l’altro per mezzo dell’avv. xxxx, contestando la domanda di parte attrice e chiedendone il rigetto.
All’esito della istruttoria il giudizio di primo grado si conclude con la condanna degli assessori. il Tribunale di Lucca, infatti, osservato che la fattispecie non poteva che essere ricondotta all’ipotesi del “falsus procurator”, avendo gli stessi convenuti riconosciuto di avere agito senza averne i poteri, riteneva che la loro difesa, secondo cui la concessionaria era perfettamente consapevole del fatto che la transazione necessitasse di una ratifica, fosse priva di fondamento poiché per le circostanze di fatto in cui si era svolta l’operazione  - sede comunale, firma degli assessori, consegna del parco al Comune - era lecito aspettarsi una regolarità del procedimento, considerato anche che nella convenzione non esisteva alcuna condizione o clausola di ratifica. Giudicava pertanto i due convenuti responsabili in solido per i danni causati e li condannava al pagamento della somma di € 82.000,00, determinata equitativamente, oltre interessi dalla domanda e spese processuali.

IL GIUDIZIO DI APPELLO
Gli assessori appellanti lamentavano, in separato appello, che il primo giudice, non avesse considerato che l’atto compiuto da chi oltrepassa il potere rappresentativo o ne è sprovvisto, è inefficace e perciò i convenuti non potevano essere condannati al risarcimento di un danno in relazione agli effetti del contratto non concluso, ma semmai ai danni per responsabilità precontrattuale nei limiti dello stretto interesse negativo, ossia delle spese inutilmente sostenute e della eventuale perdita di ulteriori occasioni di contratti più vantaggiosi.
La Corte di Appello esaminando la domanda con riferimento all’azione di responsabilità ex art. 1398 c.c. - come prospettata da parte attrice e come espressamente qualificata anche dal primo giudice nella sentenza impugnata – chiarisce che tale responsabilità si configura come responsabilità precontrattuale e presuppone che il terzo contraente abbia confidato “senza sua colpa” nella legittimazione del falso rappresentante.
Secondo un principio giurisprudenziale ampiamente consolidato (Cass. 2.3.2006, n. 4635; Cass. 6.4.2001, n. 5144; Cass. 26.6.1998, n. 6337) e ulteriormente ribadito anche in epoca recente (Cass. 8.7.2010, n. 16149) non può configurarsi responsabilità per culpa in contraendo allorché la causa di invalidità del negozio derivi da una norma di legge che, per presunzione assoluta, è nota alla generalità dei consociati.
Tale situazione ricorreva emblematicamente nel caso in esame in relazione alle norme di legge che disciplinano specificamente ed inderogabilmente l’iter di formazione della volontà contrattuale dell’ente pubblico.
Si aggiunga che, secondo quanto emerge dagli atti, nel corso della trattativa intercorsa con gli esponenti dell’amministrazione comunale e la concessionaria,  quest’ultima era assistita da un avvocato di fiducia, che era presente al momento della stipula dell’atto di transazione stesso.
La Corte di Appello di Firenze ha ritenuto pertanto, che non ricorressero nel caso in esame i presupposti della responsabilità fatta valere in giudizio dalla concessionaria nei confronti degli appellanti, non potendo affermarsi che essa abbia confidato “senza sua colpa” nella validità del contratto.
Inoltre il danno risarcibile nel caso di responsabilità ex art 1398 c.c. del falsus procurator si limita al cosiddetto "interesse negativo" e risiede nelle spese e nelle perdite strettamente dipendenti dalla conclusione del contratto inefficace e nell’ eventuale vantaggio perduto conseguibile per il tramite di contrattazioni alternative, tutte componenti di danno che non sono state provate e, prima ancora, allegate nel caso di specie. Il danno risarcibile non si estende invece ad danno emergente ed al lucro cessante derivanti dall’inadempimento del contratto e pertanto del tutto ingiustificata deve in ogni caso ritenersi la determinazione operata dal primo giudice, sostanzialmente commisurata al valore della controprestazione dedotta nell’atto di transazione a favore della concessionaria e rimasta inadempiuta.
La Corte di Appello ha così riformato in toto la sentenza di primo grado impugnata aderendo alle motivazioni in appello dell’avv. Consani e dal collega avv. xxxx, rigettando la domanda attrice, dichiarando integralmente compensate fra tutte le parti le spese di entrambi i gradi del giudizio.

Nessun commento:

Posta un commento